Boa e iguana, la moda degli animali “usa e getta”

Il serpente trovato sulla strada della Val d’Ega ora è al sicuro alla Sill. Il veterinario provinciale: in un anno abbandonati trenta esemplari “esotici”


di Riccardo Valletti


BOLZANO. Il boa rinvenuto sulla statale della Val d’Ega (non si tratta di un pitone come comunicato in un primo momento, ndr) riposa nella sua casetta di legno all’asilo per animali Sill, sotto una lampada rossa che simula i raggi di un sole tropicale.

Il serpentone, un metro e mezzo di lunghezza per cinque chili di peso, non è pericoloso né velenoso, si muove lentamente e fa capolino dal tronco di legno in cui è avvolto strizzando l’occhio agli obiettivi delle macchine fotografiche, godendosi i suoi cinque minuti di celebrità.

L’ultimo arrivato dista meno di un metro dall’altro famoso rettile della scorsa settimana, l’iguana avvistato nei canali lungo la pista ciclabile di via Resia. Sono sempre più frequenti gli avvistamenti di animali esotici, spesso fuggiti dalle gabbie oppure, senza mai arrivare a una confessione, abbandonati dai proprietari. E ci si interroga su un fenomeno laterale e poco noto, ma figlio della globalizzazione: la moda dell’animale esotico.

Fino a qualche anno fa, comperare un boa comportava molte difficoltà e tutta una serie di pratiche burocratiche, «oggi è facilissimo – afferma il veterinario Giovanni Lorenzi, a capo della struttura della Sill – tramite internet si riesce ad acquistare praticamente ogni tipo di specie di animale, ma proliferano anche le fiere specializzate, in Alto Adige ce ne sono diverse, in cui si può acquistare un boa o un altro rettile di latitudini ben più a sud».

Non che ci sia nulla di male nell’avere un rettile come animale domestico, aggiunge lo specialista, «il problema nasce quando il proprietario compera l’animale sull’onda della moda o per il capriccio di un momento, senza rendersi conto di quante responsabilità comporta un animale del genere dentro casa».

Si finisce per stufarsi, o l’animale cresce abbastanza da diventare troppo ingombrante, e l’amore finisce sul ciglio di una strada poco trafficata. «Negli ultimi due anni abbiamo registrato una trentina di casi di questo genere, tra serpenti, iguane, gechi giganti e altri rettili, e purtroppo avere la percezione reale del fenomeno è difficile perché non esiste un vero e proprio censimento».

Rispetto ai cani, infatti, che hanno una loro anagrafe digitale e devono essere registrati e ricevere un chip sotto pelle per il loro riconoscimento, i rettili vivono nell’ombra, e i proprietari non fanno grandi sforzi per metterli in regola, «lancio un appello a chiunque ne abbia uno in casa – afferma Lorenzi – fateli registrare e dotare di microchip, in modo da riuscire a censirli e per la loro stessa sicurezza, così in caso di ritrovamento sapremmo a chi restituirli».

A volte il rettile è una scelta “forzata”, spiega il veterinario, «spesso capita che chi vuole un animale domestico si rivolge a queste specie dopo aver scoperto allergie a quelli più comuni come i cani e i gatti, mentre i rettili molto raramente danno questi problemi». In ogni caso la tecnologia ha fatto passi da gigante, producendo dei chip talmente piccoli da poter essere intallati senza nessun problema anche nella zampetta di una tartaruga, altro animale spesso acquistato e altrettanto spesso abbandonato, abbiamo analizzato un fenomeno specifico per le tartarughe, che oramai infestano i laghi di tutta la provincia, distruggendo flora e fauna autoctona e producendo del gravi cambiamenti nell’ecosistema circostante».

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