Bolzano, la Provincia dice no all'ingresso di nuovi lavoratori stranieri

La giunta, con il voto del Pd, rinuncia al contingente di occupati extra-Ue per il 2011: "Si assumano gli italiani disoccupati"


Mirco Marchiodi


BOLZANO. Mentre la nuova legge provinciale sull'immigrazione è in dirittura d'arrivo (il testo sarà pronto per il 10 gennaio), la giunta altoatesina, formata da Svp e Pd, rinuncia a richiedere lavoratori non stagionali per il 2011: «L'economia non sarà contenta, ma è giusto assumere prima i nostri 8-10 mila disoccupati», dice il governatore Luis Durnwalder.

La giunta provinciale ha discusso a lungo del tema dell'immigrazione. Il nuovo disegno di legge è quasi pronto, «ma prima dobbiamo chiarire dove finiscono le competenze statali e dove iniziano quelle provinciali», spiega il presidente della giunta Luis Durnwalder. Intanto domani il capo della ripartizione lavoro Helmuth Sinn comunicherà al ministero a Roma che l'Alto Adige per il 2011 rinuncia alla sua quota di lavoratori extracomunitari non stagionali. Sinn spiega che le motivazioni che hanno portato a questa scelta sono sostanzialmente tre.

La prima: «A causa della crisi abbiamo una quota di disoccupati, anche stranieri, superiore a quella del passato». La seconda: «Con l'allargamento dell'Unione europea l'economia altoatesina può comunque attingere liberamente ai mercati dell'Europa dell'Est».

La terza: «C'è una forte mobilità interna. Nel 2009, quando le quote disponibili erano state azzerate a livello nazionale, in Alto Adige sono stati comunque assunti 5000 lavoratori extracomunitari di cui 1500 sono qui ancora oggi». Sinn parla da tecnico, Durnwalder da politico: «L'economia avrebbe preferito lavoratori stranieri che costano meno, ma in questo momento abbiamo 8-10 mila disoccupati. Le imprese facciano la loro parte e assumano la manodopera che è già presente sul territorio».

Non si tratta di privilegiare gli altoatesini: «In questo momento - spiega infatti l'assessore all'immigrazione Roberto Bizzo - sono circa duemila gli stranieri disoccupati, prima troviamo posto per loro».

Diminuisce anche il numero dei lavoratori stagionali: mentre negli ultimi anni ne erano sempre stati richiesti mille, nel 2011 si scende a 800. Se in questo caso i settori più interessati sono quello del turismo e dell'agricoltura, i lavoratori fissi sono occupati - accanto a questi due comparti - anche nel settore sociale e sanitario, nell'edilizia e nell'industria. Artan Mullaymeri, presidente della consulta immigrati e responsabile del servizio stranieri della Uil, chiede una mappatura del territorio: «È inutile continuare a discutere di cifre quando non conosciamo il vero fabbisogno di lavoratori stranieri in Alto Adige. Un'analisi approfondita ci permetterebbe di discutere in maniera più oggettiva della questione».

Mullaymeri avverte: «Dobbiamo fare attenzione a come intendiamo governare l'immigrazione in Alto Adige. Da una parte la Provincia sta cercando di togliere alcuni aiuti sociali come il sussidio casa, dall'altra ci sono imprese che sfruttano il bisogno di lavorare degli stranieri, che senza un posto fisso perdono il permesso di soggiorno e quindi accettano orari e retribuzioni che gli altoatesini rifiutano».

Claudio Corrarati, presidente della Cna e della cassa edile, la vede da una prospettiva diversa, ma la sostanza è la stessa: «Ci sono molte mansioni, sia nell'edilizia sia nell'artigianato, per le quali trovare dei lavoratori locali è molto difficile. Questa difficoltà la notiamo soprattutto nelle città, mentre nei paesi il problema è minore».

Insomma, non è l'economia a non voler assumere gli altoatesini ma sono gli altoatesini che spesso non sono disposti ad accettare determinati tipi di lavori: «In ogni caso - dice Corrarati - la decisione della Provincia è condivisibile, visto che ci sono molti disoccupati da recuperare».

C'è però una questione importante da non sottovalutare, che è quella della preparazione. Un operaio edile che ha perso il lavoro può ad esempio non avere le competenze per fare il saldatore in un'impresa industriale. «Questa difficoltà - spiega Claudio Voltolini della Fim/Cisl - l'abbiamo dovuta ad esempio affrontare con la chiusura della Speedline. In questi casi diventano fondamentali i corsi di formazione continua rivolti ai disoccupati. Tocca all'economia indicare che tipi di competenze servono, mentre la Provincia dovrebbe poi organizzare dei corsi specifici per formare i disoccupati e reinserirli così nel mondo del lavoro».

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