BOLZANO

Bolzano, processo per terrorismo ai sei jihadisti di Merano

Sono tutti accusati di associazione con finalità di eversione internazionale Il processo già fissato in corte d’assise a Bolzano. Nel gruppo il mullah Krekar



BOLZANO. Sei presunti jihadisti finiti sotto inchiesta nell’ambito dell’indagine dei carabinieri che individuò una cellula “dormiente” a Merano, sono stati ieri rinviati a giudizio dal giudice dell’udienza preliminare Michele Cuccaro. Tra i sei va a giudizio anche il Mullah Krekar, 59enne curdo iracheno, finito in carcere in Norvegia sempre nell’ambito di una maxi operazione internazionale anti terrorismo.

Successivamente all'arresto dello stesso Krekar, (avvenuto in Norvegia) alcuni esponenti della cellula meranese vennero intercettati al telefono con due jihadisti stanziali in Inghilterra con i quali veniva progettato di attaccare ambasciate occidentali fuori dall'Europa o di rapire il "capo di una ambasciata britannica" per ottenere il rilascio del Mullah dalle autorità di Oslo.

L’indagine dei carabinieri evidenziò che anche la cellula meranese aveva in animo di utilizzare il pretesto dell'arresto di Krekar per pianificare da Merano vere e proprie operazioni di terrorismo internazionale.

Il rinvio a giudizio deciso ieri a Trento dispone il processo a carico dei sei (altri sono già stati processati e condannati) davanti alla Corte d’assise di Bolzano con prima udienza fissata per il 13 marzo. Tutti e sei gli estremisti (o presunti tali) rinviati a giudizio debbono rispondere di associazione con finalità di terrorismo con l’aggravante della transnazionalità. Nell’ordinanza di custodia cautelare a suo tempo firmata dal giudice trentino Francesco Forlenza, il quadro delineato - sulla base dell’esito di quattro anni di indagini - era alquanto allarmante.

Anche nella cellula meranese jihadista c’era chi si diceva pronto a farsi esplodere. In base all'indagine del Ros il gruppo avrebbe avuto ramificazioni in Europa e in Medio Oriente e il fine sarebbe stato quello di rovesciare il governo nel Kurdistan iracheno per sostituirlo con uno stato teocratico fondato sull'applicazione della sharia islamica. E per farlo sarebbero stati tutti pronti al martirio e ad obbedire a qualsiasi ordine riconoscendo la rigida gerarchia interna. Un'organizzazione che sfruttava la realtà virtuale (piattaforme chat, Facebook e Skype) per comunicare e per fare proselitismo. Il martirio e gli attacchi. Dalle intercettazioni raccolte nelle indagini apparirebbe chiara la disposizione dei sodali al martirio. Tutti in attesa di un cenno da parte del mullah. (ma.be.)

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