Bolzano, rivive il Teatro Verdi

Progetto asburgico, poi simbolo «italiano» nel Ventennio, distrutto nel '43 di bombardamenti: la sua storia in una mostra alla Galleria civica


Barbara Gambino


BOLZANO. C'era una volta un teatro. Un teatro ora scomparso, un fiore all'occhiello per una piccola città di provincia. Realizzato nel 1918 su progetto dell'architetto Max Littmann di Monaco, il Teatro Civico di Bolzano sorgeva negli attuali giardini della stazione.

Una struttura elegante e imponente, che poteva ospitare fino a 750 persone tra platea, due ordini di gallerie e posti in piedi, presidiato da un maestoso portico a sei colonne sulla facciata principale.

Un edificio la cui vita fu irrimediabilmente segnata dalle due guerre: se il primo conflitto mondiale ne ritardò la costruzione, già iniziata nel 1913, il secondo gli inflisse un colpo mortale, distruggendolo quasi completamente nel dicembre del 1943. I tre decenni di vita artistica della struttura commissionata dal borgomastro Julius Perathoner a uno degli architetti più rappresentativi dell'epoca, si presentano tortuosi - ed emblematici per la storia della città e del suo territorio.

Inaugurato nell'aprile del 1918 con la solennità degna del Tirolo asburgico, lo Stadttheater si trovò, poco dopo la nascita, ad assumere il ruolo di avamposto culturale dello Stato italiano e di baluardo dell'italianizzazione fascista: nel 1923 venne ribattezzato Teatro Civico e dal 1937 assunse il nome di Giuseppe Verdi.

«Stadttheater-Teatro Civico-Teatro Verdi. Storia di un teatro di confine 1918 -1943» è la mostra promossa dal Comune di Bolzano e organizzata dall'Ufficio servizi museali e storico-artistici e dall'Archivio storico del Comune, presentata ieri negli spazi della Galleria Civica in piazza Domenicani, fino al 26 giugno.

I curatori sono Massimo Bertoldi e Angela Mura, autori di una ricerca dettagliata e approfondita che riporta alla memoria la storia del principale teatro pubblico del capoluogo nella prima metà del Novecento.

Le fotografie, i progetti originali e la ricostruzione in scala della struttura, delineano un fedele ritratto dell'edificio, mentre gli spettacoli e i loro interpreti sono i protagonisti del nucleo centrale della mostra. Ed è proprio nella seconda sala, tra le locandine, i copioni e i costumi originali, i ritratti di attori e cantanti che ne hanno calcato la scena, che risulta evidente come la storia del Teatro Civico rappresenti un unicum nell'ambito della tradizione italiana e tedesca: all'iniziale gestione di eredità asburgica, affidata alla compagnia stabile di Bowacz e all'ospitalità di compagnie provenienti da Austria e Germania, seguirono delle programmazioni distinte per il pubblico italiano e per quello tedesco.

Dal 1934 gli spettacoli si tennero solo in lingua italiana. I fratelli De Filippo, Memo Benassi, Salvo Randone, Toti Dal Monte e Mario Del Monaco sono solo alcuni degli artisti che vi fecero tappa.

Nel corso dei 25 anni di esistenza di questo «teatro di confine», amministrazioni differenti con visioni culturali diametralmente opposte condivisero un'ambizione comune: portare il difficile e capriccioso pubblico bolzanino italiano e/o tedesco nel maestoso edificio. Una sfida impegnativa, che non sempre fu affrontata con successo. Il percorso espositivo si conclude al piano interrato, dove la vita artistica e le vicende storiche del Teatro Civico sono rievocate grazie a una suggestiva ricostruzione multimediale, tra immagini, testimonianze e ricordi di oggi e filmati d'epoca.

«Stadttheater-Teatro Civico-Teatro Verdi. Storia di un teatro di confine 1918 - 1943», Galleria Civica, piazza Domenicani, 5.03 - 26.06. (mart-ven 9-13 e 15-19; sab. e dom. 10-18). Info: 0471-977885

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