dolomiti

Cassani: «Chiusure a fasce orarie per un turismo soft»

Parla il commissario tecnico della nazionale di ciclismo «Un compromesso che salvaguarderebbe l’ambiente»


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Silenziosa ed ecologica così è la bicicletta, così dovrebbe essere il turismo che punta alla qualità e alla salvaguardia dell’ambiente. Per questo sarebbe importante che venissero adottate delle misure in grado di garantire questo tipo di sviluppo turistico della montagna. Un compromesso che potrebbe trovare d’accordo più o meno tutti è l’introduzione della chiusura delle strade dei passi a fasce orarie nei mesi estivi, quando c’è la massima pressione». Davide Cassani, un passato da ciclista professionista e commentatore tv, un presente da commissario tecnico della nazionale di ciclismo, in questi giorni in Polonia per il Giro, vive a Faenza in Emilia-Romagna, ma quando gli impegni di lavoro glielo consentono va “in fuga” sui passi dolomitici.

La sua, ormai da anni, è una presenza fissa anche alla Maratona dles Dolomites che, la prima domenica di luglio, partendo da La Villa e arrivando a Corvara, richiama 9 mila partecipanti - sono le cifre dell’ultima edizione - da tutto il mondo.

«Quella manifestazione, il cui programma prevede la scalata in bici di quattro, sei o otto passi è un volano pubblicitario fantastico per tutta l’area dolomitica. Ed è proprio l’andare in bici che consente di ammirare e apprezzare tutto ciò che sta intorno. Quando vai in macchina e in moto non vedi niente, perché tutto scorre via veloce. Oltre al fatto che si inquina, riempiendo l’aria di gas di scarico e rumori spesso assordanti che disturbano gli amanti delle due ruote come chi va a piedi ».

Quando è salito la prima volta sui passi dolomitici?

«Era il 1977, avevo 16 anni ed ero con la squadra in Val di Fassa: me lo ricordo come se fosse ieri».

Era un sogno che si realizzava.

«Esattamente così. Fino ad allora, quelle strade che si arrampicano sulle montagne, dove si è fatta la storia del ciclismo, le avevo viste solo in televisione, seguendo le imprese del mio idolo: Felice Gimondi. Partivamo la mattina e tornavamo la sera, un’esperienza indimenticabile. Pedalare sui passi è come per un calciatore giocare a San Siro».

Da allora è passato tanto tempo.

«Sì, sono passati gli anni. Ho fatto una cosa come 800 mila chilometri in bicicletta, ma quando salgo in sella ho ancora l’entusiamo e la passione di un bambino».

Anche per le giovani generazioni, che lei allena oggi, è ancora così?

«Non cambierà mai. È sulle montagne che professionisti e amatori, ognuno a seconda delle proprie capacità, vogliono andare. Ed è per questo che, visto il numero crescente di appassionati di bici, bisognerebbe trovare il modo di valorizzare questo tipo di turismo, chiudendo, per alcune ore al giorno, le strade dei passi alle auto e alle moto».

Questa è una vecchia proposta, che torna ad ogni estate, secondo lei oggi ci sono le condizioni per concretizzarla?

«Non so se i tempi sono maturi. Quello che so è che l’area dolomitica, conosciuta in tutto il mondo per la sua bellezza, prima o poi dovrà decidere su quale turismo puntare: sul mordi e fuggi o piuttosto su una formula diversa che privilegi l’andare piano in bici o a piedi non importa, il guardarsi intorno, l’apprezzare la natura. Lasciando, a casa, almeno per qualche ora lo stress. La vacanza in montagna insomma dovrebbe essere qualcosa di diverso».

Certo non sarà facile convincere la stragrande maggioranza a lasciare l’auto o la moto in parcheggio.

«Non si tratterebbe di lasciarla sempre, ma soltanto in certe ore della giornata. In modo da consentire un uso più equo delle strade dei passi. Può essere che anche chi non è mai andato né in bici né a piedi ci faccia un pensierino».

Difficile.

«Meno di quanto lei possa pensare. Se uno prova si rende conto che andare in bici o a piedi ti dà altre emozioni. Partendo dalle piccole».

Tipo?

«Faccio un esempio che può sembrare banale: a me piace l’acqua gasata, ma dopo una bella pedalata, possibilmente in salita, apprezzo tantissimo l’acqua fresca del rubinetto. Questo per dire che quello che ti conquisti in bici o a piedi ha un valore diverso che se nello stesso punto fossi arrivato senza fare fatica».

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