Chiesa gremita per l’addio al pioniere dell’hip hop

Amici e parenti hanno salutato Fabio Danielli: «Sapeva cantare la musica» Il parroco Zuliani: «Nella malattia è sempre stato capace di far parlare il cuore»


di Alan Conti


BOLZANO. Dire tanti o tantissimi sarebbe banale per un ragazzo che amava l’originalità delle parole, mettendole in rima, accarezzandone la metrica e riempiendole di significato incastrandole nelle canzoni. Parole che riescono anche a spezzare il fiato, come quelle sorprese che arrivano improvvise.

Sono arrivati in centinaia ieri mattina per dare l’ultimo saluto al rapper Fabio Danielli, per tutti “Due di picche” come da sempre è stato chiamato nel mondo dell’hip hop. Che poi era il suo. Non a caso nella navata della chiesa di Don Bosco c’erano praticamente tutti i musicisti di questo genere nel panorama altoatesino. Moltissimi giovani, a testimonianza che questo uomo di 40 anni aveva saputo catturare i loro occhi come sanno fare i maestri. Tristi, logicamente, perchè l’ultimo saluto a chi amava così tanto la vita è qualcosa di straziante. Pronti a dare un abbraccio intenso a mamma Margherita e papà Umberto oltre alla fidanzata Fiore che, paradossalmente, sembra quasi consolare i tanti che arrivano provati dal dolore. Ci sono i vicini di casa, i compagni del palco, i tantissimi che hanno condiviso un pezzo di vita con “2dp”.

Dall’altare ad occuparsi dell’omelia è don Giampaolo Zuliani che scava nel profondo del senso della vita per ricordare Fabio partendo dall’episodio evangelico di Lazzaro. «Oggi il nostro cuore è triste perchè, anche di fronte a una cosa chiara come la morte, piangiamo. È in questi momenti, però, che Dio arriva tra noi e ci porge delle occasioni per sentire, anche nel dolore, la stoffa della vita. È il cuore dell’uomo che grida il desiderio di esserci in modo intenso. È lo stesso grido che Fabio metteva nel suo essere e nonostante la malattia ha sempre cercato questo orientamento. Teniamo sempre acceso questo suo spirito: tenere vivo il nostro cuore come lui ha tenuto vivo quello di chi ha incontrato».

All’interno della chiesa, sommessamente, ha suonato la canzone “Gli Racconterò” che Duedipicche scrisse assieme all’amico Marco “Tachi” Cecchellero. «Parla di cosa avremmo potuto dire a un figlio. L’avevamo scritta quando ancora lui non stava male e io non ero ancora diventato padre». Vicino al feretro le corone di fiori degli amici, dei parenti, dei vicini di casa della scala 6, del mondo della musica a cornice dell’amata sciarpa viola della sua Fiorentina. In un colpo d’occhio il mondo di Fabio e nelle orecchie, galleggiando nella sua amata musica, le parole da trasmettere a un bambino. Anche nell’addio l’inno alla vita che continua.

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