BOLZANO

Chiude dopo 55 anni il bar «Rosso e nero» della signora Luciana

Una lunghissima avventura iniziata nell'ormai lontano 1962. «La qualità non conta più e tutti s’improvvisano baristi»


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Quello che vede qui dentro l’ho scelto io pezzo per pezzo: dai bicchieri alle tazzine, ai piatti. Non è la stessa cosa bere un caffé da una tazzina piuttosto che da un ’altra; e lo stesso discorso vale per un vino come per un liquore: la qualità del cristallo, della ceramica, la forma stessa cambiano il gusto. Ormai però la stragrande maggioranza della clientela non guarda questi dettagli che per me però sono sempre stati sostanza». C’è una nota di malinconia in Luciana Antonelli, storica gestrice del Bar Rosso e Nero di piazza della Vittoria (in cima a viale Venezia, ndr) che dopo 55 anni ha spentio per l’ultima volta le luci di quel locale che ha “creato” pezzo per pezzo assieme al figlio Maurizio.

«A mettermi malinconia - dice - è il fatto che la qualità, oggi anche nel nostro lavoro, conta sempre meno. Per gestire un bar, una volta ci volevano tre anni di esperienza. Adesso chiunque si può improvvisare barista. I locali spuntano come funghi ed è sempre più difficile lavorare. In questa situazione non è più bello darsi da fare per stare al passo con i tempi: peccato perché a questo locale mi legano i ricordi di intere generazioni che sono passate qui. Con i nostri clienti organizzavamo anche veglioni e feste. Ormai questo appartiene ad un passato che non tornerà più».

Luciana Antonelli dunque è l’ennesima gestrice bolzanina che getta la spugna: la stragrande maggioranza dei locali è nelle mani dei cinesi. Persone abituate a lavorare sodo, che tengono aperto sette giorni su sette, garantendo quindi alla città un servizio prezioso, ma sono rari quelli che sono riusciti ad entrare nel cuore dei bolzanini.

Arriverà un gestore cinese anche al “Rosso e nero”?

«Per il momento non arriverà nessuno: qualcuno è venuto a dare un’occhiata ma in giro ci sono meno soldi che in passato».

E adesso cosa farà dopo 55 anni passati dietro il banco a fare caffè, spremute, centrifughe e tramezzini?

«Assieme a mio marito Gino, che per 35 anni è stato vigile annonario del Comune, ci concederemo finalmente dei lunghi periodi in Romagna: io sono originaria di Saludecio, un posto bellissimo tra Rimini, Cattolica, Riccione. In Alto Adige i miei genitori sono approdati per caso. Mia madre era arrivata a Merano in cerca di mio padre, perché aveva saputo che forse era ricoverato all’ospedale militare, di ritorno dalla guerra. Erano anni che non sapeva più nulla di lui. È così che la famiglia si è riunita e, grazie ad una parente che viveva già qui, ci siamo fermati a Bolzano. A 18 anni ho cominciato a fare questo lavoro e devo dire che dietro al banco, a contatto diretto con le persone, mi sono sentita subito a mio agio. Adesso però è arrivato il momento di scrivere la parola fine».













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