Ciao Ennio, amico di sempre

bolzano. L’ho saputo poco fa da una telefonata. Questa notte è morto un mio amico, no, il Covid non c’entra, è stato altro. Con Ennio abbiamo passato assieme una vita e adesso sono incapace di...


Sergio Camin


bolzano. L’ho saputo poco fa da una telefonata. Questa notte è morto un mio amico, no, il Covid non c’entra, è stato altro. Con Ennio abbiamo passato assieme una vita e adesso sono incapace di viverne la morte. Immagino che sia comune a tutti, che sia normale, ma mi interessa poco e non mi aiuta. L’ultimo lavoro che abbiamo fatto assieme è di pochi mesi fa, una mostra diffusa a Bolzano per la Dante. Questa ultima volta non c’erano i suoi plastici che per anni mi avevano aiutato nei centri visita dei parchi di mezza Italia, ma c’era lui ancora incazzato per come va il mondo e buono con chiunque gli stesse intorno. Adesso è morto, è morto in anticipo e, come faceva spesso quando era in ritardo, non mi ha avvisato.

Quando nacque Radio Popolare di cui fu uno dei fondatori, Ennio vendeva colori. Di giorno vendeva colori in giro per quelle strade della provincia che aveva scoperto da piccolo sulla corriera che guidava suo padre. Di sera la radio, gli amici, ma si diceva compagni, e la musica. Poi smise di venderli i colori e decise di usarli. Di giorno le piantine dipinte con precisione maniacale e i plastici con le sue montagne. Di sera la radio e la musica. Poi la radio chiuse (riaprì qualche anno dopo col nome Tandem) e rimase la musica, ma rimasero anche i colori e gli amici. Credo che in tanti non sappiano che quando, per studiare la prossima gita o per capire dove sono e dove andare, aprono quei grandi fogli piegati in otto, stanno guardando un suo lavoro, una sua piantina qualsiasi sia la valle o la cima. Giorni di lavoro e di colori su quei fogli e di sera la musica e Ennio cantava Penny Lane. Senza i Beatles in molti non avrebbero conosciuto Ennio. Giorni pieni i suoi, con il laboratorio di sopra, la cantina sotto, grande a far da sala prove e in mezzo la casa con Marialuisa e Davide che poi se ne andò a Trento. Ricordo che quando suo figlio trovò lavoro al Muse, Ennio mi disse che gli sembrava impossibile che suo figlio, suo nel senso di fatto da lui, potesse essere così bravo. Era fatto così Ennio. È strano, un tuo amico muore e tu stai lì e i ricordi fanno da soli, arrivano veloci e velocemente si scambiano di posto e tu li ringrazi pure forse perché non ti danno il tempo di piangere. Ricordo le risate quando a una riunione al Parco delle Foreste Casentinesi Ennio portò il plastico della zona. Per far sembrare montagne quella zona dell’Appennino, aveva dovuto farle quattro volte più alte e non se ne accorse nessuno. A ridere solo io, Ennio si sentiva in colpa, Ennio era fatto così. Da qualche anno era in pensione, ma qualche lavoretto, rigorosamente in regola con tasse e similari, lo faceva ancora. Erano le occasioni per trovarci ancora per lavoro e forse far finta di non essere vecchi.













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