L'INTERVISTA OSWALD ZOEGGELER architetto 

«Creiamo spazi pubblici ma poi restano vuoti» 

L’esperto. Dopo il gravissimo episodio di lunedì scorso, il noto urbanista spiega perché piazze e giardini inutilizzati rischino di diventare luoghi in cui si creano situazioni di degrado 


Paolo Campostrini


Bolzano. Che accade ai nostri spazi pubblici? Ai giardini ( della stazione), ai prati (del Talvera) alle piazze (spesso vuote)? «Succede che sono 70 anni che non ci pensiamo... Costruiamo le città, come Bolzano, pensando che siano solo case. Prevediamo le zone di espansione come agglomerati di condomini e quello che resta, di risulta, lo chiamiamo spazio pubblico» sospira Oswald Zoeggeler. «Ma sono solo dei vuoti». Poi, aggiunge l'architetto, «ci stupiamo che restino, appunto, vuoti. Peggio: che rischino il degrado». Oppure che non si riempiano più di cose ma di casi: umani e meno umani. Come in piazza Stazione o al ponte giallo. Insomma, spesso la politica urbana ha lasciato perdere l'urbanistica collettiva per dedicarsi solo al riordino di quella privata. Zoeggeler, uno dei più noti progettisti bolzanini, storico e docente, coraggioso (ri)scopritore e narratore della città razionale in tempi non sospetti, parte da Leon Battista Alberti: «Lui, nel Quattrocento paragonava le città ad un appartamento: ci sono i nostri spazi privati, le stanze e i corridoi e poi quelli aperti, le sale, i salotti.. Ecco se ci dedichiamo solo a quelli dove dormiamo o andiamo in bagno, e se il salotto non lo progettiamo bene resta vuoto. E se poi lo apriamo così, a caso, magari si riempie di brutte persone...».

Perché è successo questo anche a Bolzano?

Si è smesso di pensare alla città come ad un insieme. Mi spiego: l'urbanistica, la politica, si sono limitate a dire che tra edificio e edificio serve questo spazio, che le altezze devono essere queste o quelle e le distanze pure. Punto. Quello che rimane, gli interstizi tra casa e casa, gli angoli morti sono diventati spazio pubblico.

Esempi?

Le nostre zone di espansione. Tutte quelle degli anni Sessanta e Settanta a Bolzano sono così. Chiamiamo piazze, nei quartieri, quelli che sono aiuole. E anche altrove non è meglio. E anche oggi.

E invece?

Nell'Ottocento era diverso. Ovunque si pensava alla casa e alla piazza insieme. E la si riempiva. Qui a Bolzano è successo fino alla seconda guerra mondiale con la città modernista. Poi basta.

Perché è accaduto?

Si è ritenuto che strade e piazze fossero variabili indipendenti delle case da costruire. Li si è trattati come materiali di risulta. E invece sono le case che dovrebbero essere il contorno, non il centro della politica urbanistica. Facendo in questo modo la città si è schiacciata su se stessa negli spazi e la gente ha avuto sempre più difficoltà a socializzare. Pensate a piazza Don Bosco.

Se lo spazio pubblico è lasciato indefinito c'è dunque la possibilità che sia anche riempito in modo indefinito, no?

È una delle conseguenze. Se non si è pensato a chiarire bene ruolo e funzione del pubblico rispetto al privato ecco che è accaduto che tante piazze, giardini, luoghi pubblici siano rimasti vuoti.

E di conseguenza abbandonati?

Alcuni sì. E in ogni caso succede che se la gente non sa che fare in questi spazi indefiniti, non pensati in funzione di qualcosa, li lascia perdere.

E se non si riempiono di cose e di gente si possono riempire in altro modo...

Appunto. Il parco della stazione è vuoto di funzioni, tranne che per il mercatino. Le passeggiate del Talvera o dell'Isarco, in certi punti, soprattutto queste ultime, sono solo luoghi di passaggio. Le piazze dei vari quartieri solo adesso si pensa a dotarle di funzioni per farle tornare a vivere.

E qui che nasce il degrado?

Non direttamente ma indirettamente sì. È la frequentazione da parte dei cittadini normali che impedisce che lo spazio pubblico diventi luogo a rischio. Se chi non ha una casa o ha dei problemi non può bussare alle porte dei condomini per sedersi, dunque usa lo spazio pubblico. Ma lo trova vuoto e dunque non può neppure interagire, provare a integrarsi.

È un circolo vizioso?

È così. Se non pensa già a priori a distribuire vuoti e pieni nei quartieri, se non progetto bene lo spazio pubblico e mi dedico solo alle case la conseguenza è che non mi impegno neppure a individuare una funzione per quella piazza, quel parco o quel verde e neppure ad un rapporto con il costruito. Che siano l'uno il complemento dell'altro.

È un consiglio alla politica?

Io sono solo un architetto. Dunque ognuno faccia il suo. Ma certo, è dall'urbanistica che nasce la città. E se non la si pensa come un tutt'uno, se non si progettano i quartieri come noi progetteremo il nostro appartamento...

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