Da Bolzano alla Cambogia in aiuto degli ultimi

La storia di Sabina Morosini, una delle responsabili dell’organizzazione Oxfam «Nella cooperazione internazionale il nostro Paese investe pochissimo»


di Antonella Mattioli


BOLZANO. Con la laurea in lingue e letterature straniere avrebbe potuto fare l'insegnante, ma il viaggio in Africa a trovare la sorella Donatella, unito alla voglia di conoscere il mondo e al master in Inghilterra in relazioni internazionali, le hanno fatto imboccare una strada più interessante, anche se più faticosa. Sabina Morosini, 50 anni bolzanina, due figli Simone 14 anni e Silvia 10, da una trentina d’anni opera nel campo della cooperazione internazionale: oggi è la responsabile per l’Asia di Oxfam, l'organizzazione non governativa che opera in diversi Paesi. Una volta forse sognava di cambiare il mondo, anni di esperienze prima in Sudamerica e poi in Asia l'hanno portata ad essere più realista sulle possibilità e soprattutto sui tempi di cambiamento delle aree più depresse.

Quando è iniziata la sua “avventura” tra i poveri?

«Era la fine degli anni Novanta, quando sono arrivata in Ecuador per seguire l’emergenza de “El Nino”. Poi sono stata in Bolivia: lì ho partecipato ad un progetto per la realizzazione di una piccola centrale lungo quella che è considerata la strada più pericolosa del mondo».

Poi il salto dall’altra parte del mondo.

«Lavoro ormai da anni tra Vietnam, Cambogia e Sri Lanka, ma il Paese che mi è rimasto nel cuore è la Bolivia: sono stata affascinata da quei paesaggi, dai riti e dalle tradizioni degli indios».

In Asia come Oxfam su quali progetti state lavorando?

«In Vietnam abbiamo aiutato le donne, specializzate nella creazione di prodotti etnici, a mettersi in cooperativa. Quindi attraverso il consorzio Ctm Altromercato di Bolzano siamo riusciti ad esportarli e grazie alla collaborazione con la stilista bolzanina Spadafora si è migliorato il design. In Cambogia invece lavoriamo con popolazioni che si vedono private della loro terra dalle multinazionali: tagliano gli alberi, piantano per un po’ il riso e poi resta un terreno arido. In Sri Lanka invece siamo impegnati in un progetto di agricoltura organica».

I progetti durano un certo numero di anni poi le persone riescono a camminare con le proprie gambe?

«Questo è l’obiettivo. Se c’è un futuro per popolazioni che vivono con un dollaro al giorno, questo è nelle mani delle donne che in genere sono le più attive».

Quanto investe l’Italia nel settore della cooperazione?

«Pochissimo. Del resto è la politica estera in genere che in Italia ha scarso peso. Mi è capitato ancora di trovarmi con funzionari del ministero in missione all’estero che non sapevano una parola d’inglese».

L’Alto Adige ha finanziato diversi progetti.

«In effetti è così, mi dispiace solo che non siano stati pubblicizzati a sufficienza. Ho incontrato l’ex presidente Durnwalder in visita, per controllare come erano stati investiti i fondi».

I suoi figli la seguono in giro per il mondo?

«Sì, hanno passato intere estati nei posti più sperduti del mondo. Non mi stupirei se in futuro preferissero una tranquilla vacanza a Rimini».

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