BOLZANO. Chiuso in una cella del carcere di Bolzano da lunedì sera, in queste ore, Beutel ha forse incominciato a rendersi conto di quanto fatto. Perché è difficile immaginare che la lucidità mostrata negli istanti successivi al delitto fosse reale. La conferma l’ha avuta l’avvocato Markus Vorhasuer che ha trovato «un uomo disperato, che diventa sempre più consapevole di quanto fatto, di ciò che è successo». L’avvocato meranese, che per chiari motivi non vuole ancora parlare degli aspetti strettamente legali, spiega che Beutel, oltre alla disperazione per aver tolto la vita ad Alexandra, sia particolarmente angosciato dalle conseguenze che il suo gesto avrà sul futuro delle figlie. Quelle bimbe di 6 e 9 anni che, contrariamente a quanto ricostruito in un prima fase, al momento del delitto non si trovavano ancora al maso Huber Hof, al civico 11 di via Laurin. Le piccole, infatti, erano entrambe a scuola e sono tornate a casa una manciata di minuti dopo la tragedia. Sarebbe stata nonna Margit a “intercettarle” e a portarle in un’altra stanza prima che potessero avere anche solo sentore che fosse accaduto qualcosa di terribile alla mamma. Quella mamma che, come accadeva ogni giorno, le avrebbe dovute accogliere a braccia aperte e che, lunedì, invece, non era sull’uscio di casa ad attenderle. Non c’era nemmeno papà “Johnny”, che il lavoro teneva in Austria per molti giorni alla settimana e che era sempre affettuoso e premuroso con loro. Ecco, in queste ore, Beutel starà pensando anche a questo. Starà pensando ai sorrisi e agli abbracci delle sue figlie. Un mondo che non c’è più. Un mondo che lui stesso ha mandato in frantumi.