Evasione, si fanno più dure le accuse ai fratelli Podini

Inquisito anche l’ex amministratore e consulente Nicola Loperfido. Contestata pure la mancata esibizione della contabilità per intralciare l’azione dei finanzieri


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Si appesantisce la posizione processuale dei fratelli imprenditori bolzanini Giovanni, Alessandro e Stefano Podini, inquisiti per presunta evasione fiscale per un milione e 700 mila euro sottratti al fisco. La Procura della Repubblica ha annotato sul registro degli indagati anche Nicola Loperfido, ex amministratore della Holding «P.i.n.sa» con sede in Lussemburgo al centro dell’indagine. All’ex dirigente e a Giovanni Podini oltre alla presunta sottrazione al fisco di un milione e 700 mila euro, la Procura ha ora contestato anche il presunto occultamento delle scritture contabili della Holding «in maniera - si legge nel capo d’imputazione - da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume d’affari» della società stessa. In particolare - si legge nel capo d’imputazione - Giovanni Podini avrebbe sostenuto di non aver mai avuto a che fare con la «P.i.n.sa» e Loperfido si sarebbe rifiutato di mettere a disposizione la documentazione contabile sostenendo di non ricordare presso quale società lussemburghese fosse custodita. Alla fine, però, gli uomini della Guardia di Finanza hanno trovato copia di tutta la documentazione in questione nei server del sistema informatico della Podini Holding a Bolzano.

Il procedimento avviato nei confronti dei tre noti fratelli imprenditori è la conseguenza di una verifica fiscale scattata in data 12 ottobre 2011 su iniziativa del nucleo di polizia tribunale della Guardia di Finanza di Bolzano. Fu in quel contesto che emerse che la Podini Holding controllava una società anonima avente sede in Lussemburgo allo scopo, secondo l’accusa, di sottoporre gli utili al regime fiscale lussemburghese molto più favorevole rispetto a quello italiano (4 per cento rispetto al 27 per cento). Il fenomeno in questione viene denominato «esterovestizione». Si tratta di un escamotage messo in atto al fine di far apparire con sede formale all’estero società a tutti gli effetti controllate e gestite dall’Italia. Il caso che sta coinvolgendo i fratelli Podini ricalca la contestazione a suo tempo mossa ai noti stilisti Dolce e Gabbana. Nel caso della Podini Holding , gli inquirenti hanno scoperto che la sede della società «P.i.n.sa» altro non era che una filiale in Lussemburgo di una banca controllata dal gruppo Intesa San Paolo e che il management era costituito formalmente da alcuni impiegati di quella banca con residenza lussemburghese. Sino ad oggi i tre imprenditori inquisiti si sono sempre difesi contestando le argomentazioni dell’Agenzia delle Entrate affermando che la valutazione degli utili della Holding in questione (in base alla quale è stata calcolata la presunta evasione fiscale) non poteva non imporre un corretto inserimento anche dei costi di gestione. L’obiettivo è quello di verificare la possibilità di ridimensionare notevolmente gli importi contestati attestandosi sotto la soglie della rilevanza penale. Un’ipotesi che i funzionari dall’Agenzia delle Entrate hanno già scartato nel corso di un vertice tenutosi l’altro giorno con il pubblico ministero Axel Bisignano. I controlli hanno infatti evidenziato che i costi effettivi di amministrazione della «P.i.n.sa» erano minimi (10 mila euro l’anno circa ) mentre gli inquirenti non sono d’accordo di qualificare come costi gestionali presunte svalutazioni di alcune partecipazioni in altre società.

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