Fercam, risarciti 15 autisti

Il tribunale del lavoro ha condannato l'azienda al pagamento di 500 mila euro perché i criteri usati per mandare quei lavoratori in cassaintegrazione sono stati ritenuti "discriminatori"


Susanna Petrone



BOLZANO. Duro colpo per la Fercam: il giudice del lavoro, Eliana Marchesini, ha condannato la nota azienda di trasporto al pagamento di 15 mensilità arretrate a 15 camionisti, finiti in cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs). Secondo una stima provvisoria si parla di circa mezzo milione di euro.
Lo conferma l'avvocato degli ex dipendenti Fercam, Dario Rossi, che ha seguito la battaglia legale contro l'azienda di trasporti sin dall'inizio. Il legale sottolinea che il giudice bolzanino ha accertato «l'illegittimità del criterio di scelta dell'"elevata professionalità" indicato per la selezione del personale da collocare in Cigs per genericità dello stesso e dell'indice della conoscenza delle lingue (italiana e tedesca)». «In parole povere - spiega-: i criteri scelti dall'azienda Fercam discriminano i camionisti. La ditta, infatti, ha iniziato a dare punteggi ai dipendenti, decidendo che le capacità andavano valutate tramite il luogo di nascita. Tutti i camionisti nati, e sottolineo, semplicemente "nati" fuori dall'Italia si "guadagnavano" 4 punti. I cittadini italiani nati fuori dalla provincia di Bolzano, ne ricevevano 8 di punti. Mentre gli altoatesini, e cioè, nati in Alto Adige, ne ricevevano 10 di punti. Secondo il giudice si tratta di criteri discriminatori».
Il giudice del lavoro ha accertato, tra l'altro, anche «la violazione dell'obbligo di comunicazione dei criteri di selezione del personale da collocare in Cigs» e «l'illegittimità dei provvedimenti di collocamento in Cigs senza rotazione relativi ai ricorrenti». Per questo la Fercam è stata condannata al pagamento di circa mezzo milione di euro.
Il tribunale di Bolzano aggiunge: «L'individuazione dei criteri deve essere fatta in maniera specifica, proprio affinché poi la scelta dei lavoratori da sospendere ad essi effettivamente si attenga... In buona sostanza l'azienda che procede correttamente, una volta adeguatamente prospettati i criteri di scelta dei lavoratori da collocare in sospensione ed i necessari riferimenti atti a valutare la possibilità di procedere o meno alla rotazione tra i lavoratori medesimi, non dovrebbe poter effettuare tale scelta secondo parametri discrezionali o discriminatori».
I 15 camionisti erano entrati - quasi tutti - in cassa integrazione il primo febbraio 2010. Per un anno ricevettero solo 650 euro di indennità. Molti di loro sono tra i camionisti che denunciarono turni massacranti sotto il presunto ricatto della mancata conferma di contratti di lavoro a scadenza.
La Procura aveva derubricato l'ipotesi di accusa - che era di concorso in estorsione - facendola diventare esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

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