Finì sotto la slavina, fa causa alla guida 

Un alpinista altoatesino fu travolto in Valle d’Aosta il 2 marzo 2017. Morirono tre persone. Ora emergono disagi psicologici


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Danni fisici e soprattutto psicologici. Sono quelli che lamenta un alpinista sessantenne altoatesino (un grande appassionato di alta montagna, con una certa esperienza alle spalle) che il 2 marzo dello scorso anno vide la morte in faccia dopo essere stato travolto da una grossa valanga sopra Courmayeur mentre stava attraversando un canalone innevato assieme a due compagni di escursione e ad una guida alpina ingaggiata proprio per sicurezza. Si tratta di una guida alpina tedesca (un germanico cinquantenne) accusato di aver gravemente sottovalutato la situazione. Tra il resto nella zona ove avvenne la tragedia (il canale della Visaille) vige il divieto assoluto dello sci fuoripista dal 1996. La guida alpina o non lo sapeva o decise di non attenersi alle disposizioni di sicurezza. Le conseguenze, come detto, furono tragiche. Una grossa valanga si staccò da una cresta in forte pendenza, travolgendo sia il gruppo comprendente l’alpinista altoatesino sia un secondo gruppo che seguiva poco sotto e che non faceva riferimento alla guida alpina ora sotto processo. Complessivamente le persone che persero la vita furono tre, altre cinque rimasero gravemente ferite, tra cui anche l’altoatesino che ora ha deciso di costituirsi parte civile (con l’assistenza legale dell’avvocato Nicola Nettis) ritenendo la guida alpina tedesca in gran parte responsabile di quanto avvenuto. L’altro giorno al tribunale di Aosta, competente per territorio, si è svolta l’udienza preliminare nel corso della quale la Procura della Repubblica ha chiesto il rinvio a giudizio dell’imputato per omicidio colposo. Oltre alla mancata osservanza del divieto di effettuare del “fuori pista” nel canalone in questione, la guida alpina tedesca è anche accusata di aver gravemente sottovalutato la situazione, nonostante i bollettini alpinistici avessero ampiamente indicato un livello elevato di pericolo valanghe. Nei giorni precedenti in tutta la zona c’erano state abbondanti nevicate. Quel giorno, poi, le temperature previste erano indicate superiori alla media stagionale, soffiava un vento piuttosto forte e la zona della tragedia era sottostante a dei crinali molto esposti e fortemente innevati. In effetti accadde quello che poteva ampiamente temere: i due gruppi di escursionisti in zona furono travolti da una grossa valanga. L’alpinista altoatesino fu sommerso da una massa nevosa impressionante. Rimase sepolto sotto la neve per circa mezz’ora. Ebbe la fortuna di trovarsi posizionato nei pressi di una bolla d’aria che gli permise di continuare a respirare. L’altoatesino venne salvato dagli uomini del soccorso alpino della zona (oggi il malcapitato li chiama “angeli”) che lo trasportarono in elicottero all’ospedale. Riportò una serie di fratture che lo obbligarono a cure durate circa due mesi. Ora, come detto, ha deciso di presentare il conto chiedendo giustizia anche perchè i danni subiti non sarebbero solo fisici ma anche psicologici per una serie di disturbi “post traumatici”. L’alpinista altoatesino lamenta in sostanza di aver subito uno shock tale da soffrire permanentemente anche di disturbi del sonno con ripetuti incubi che gli fanno rivivere gli interminabili minuti trascorsi con il terrore di poter morire da un momento all’altro senza alcuna possibilità di salvezza.

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