«Finalmente libero dalla dialisi grazie al secondo trapianto»

Bedin, presidente dell’Aido, ha ottenuto un nuovo rene L’attesa è durata quasi sei anni: l’intervento a Innsbruck


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Dopo cinque anni e mezzo sono libero dalla schiavitù della dialisi, per me il 27 giugno è iniziata una nuova vita e di questo sono grato a chi ha compiuto un gesto di grande generosità». Kilian Bedin, 45 anni bolzanino, vicedirettore dell'Ufficio rifiuti della Provincia, politico Svp e presidente provinciale dell'Aido, è tornato da pochi giorni da Innsbruck, dove gli è stato trapiantato un rene.

La chiamata tanto attesa è arrivata nel pomeriggio di domenica 26 giugno.

«Stavamo festeggiando con qualche giorno di ritardo assieme agli amici il compleanno di mia figlia Anna, nove anni, quando è squillato il cellulare. Ho guardato il numero ed ho capito subito: il prefisso era quello di Innsbruck. Poche parole per chiedermi se stavo bene e comunicarmi che c'era un organo compatibile. Il tempo di prendere la borsa che avevo sempre pronta ed è arrivata l'ambulanza».

Poche ore dopo, era già in sala operatoria, dove ad attenderlo c’era un’equipe giovane, composta da “professionisti di alto livello che- ci tiene a precisare - alla tecnica hanno dimostrato di saper unire grande umanità”.

«Del donatore com'è normale - racconta - non so niente. So soltanto, perché me lo hanno detto i medici, che proviene da una persona relativamente giovane. Ma poco importa chi sia: so soltanto che se io e la mia famiglia possiamo tornare ad una vita normale, lo devo a questa persona. In Austria la legislazione sulla donazione di organi è diversa rispetto all'Italia: lì vale il silenzio assenso all'espianto dopo la morte. Mentre da noi chi vuole donare lo deve dichiarare, iscrivendosi all'Aido o più recentemente dando la propria disponibilità quando si fa o si rinnova la carta d'identità".

Questo è il secondo trapianto in 14 anni. Il primo rene gli era stato donato dalla madre nel 2002. Tutto bene per otto anni.

Poi il rigetto e il ritorno in dialisi. Bedin è una persona abituata a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno e quindi quando ne parla dice: «È pesante perché ti condiziona la vita: io la facevo tre volte alla settimana e le sedute duravano quattro ore. Per questo ho sempre detto che il mio anno non ha dodici ma solo undici mesi, perché uno lo passavo in dialisi. Nonostante tutto bisogna riconoscere che, se si riesce a sopportare abbastanza bene, è una terapia che consente ai malati di reni di tirare avanti, in attesa del trapianto. Per chi ha gravi patologie cardiache non esiste nulla di simile: l’unica speranza è un cuore nuovo».

Al lavoro tornerà fra un paio di mesi, prima gli piacerebbe concedersi due settimane con la famiglia in Puglia: «Avevo già prenotato, la cosa più importante però in questo momento non sono le vacanze, ma la stabilizzazione del rene».

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