Finalmente neve in quota «ma poi si scierà sul fango»

Il meteorologo Mercalli: in futuro precipitazioni più rade e temperature elevate La conferma dall’Agenzia europea per l’Ambiente: pioverà anche in inverno


di Davide Pasquali


BOLZANO. Finalmente in quota ha nevicato. Sui trenta centimetri a Obereggen (nella foto in alto) o a Carezza, sui cinquanta centimetri sopra i 2000-2500 metri. Soprattutto in zona passo del Rombo e pure in valle Aurina. Ma ha fioccato solo a febbraio, esattamente come era accaduto l’anno scorso. A novembre dicembre e gennaio, nisba, con buona pace di chi cercava un ambiente anche visivamente innevato.

«Ed è ancora andata bene», commenta il climatologo Luca Mercalli, uno dei massimi esperti europei di cambiamenti climatici, «perché almeno le temperature in questi due anni erano basse e quindi si è potuto sparare con i cannoni. In futuro, non ci si riuscirà più, perché le temperature saranno troppo elevate».

Non sono le elucubrazioni d’un folle o di un fanatico.

Lo conferma il rapporto «Climate change, impacts and vulnerability in Europe 2016» appena pubblicato dall’Agenzia europea per l’ambiente.

Il futuro disegnato è piuttosto inquietante. Assieme alle regioni artiche, l’area più soggetta a cambiamenti climatici, in Europa, risulta l’arco alpino, in particolare il versante meridionale, ossia il nostro. Le precipitazioni si faranno più rade, saranno concentrate in inverno piuttosto che in estate. Il problema principale sarà il tipo di precipitazioni: «In virtù delle temperature più alte - recita il rapporto - queste precipitazioni invernali si manifesteranno più frequentemente come pioggia». Insomma, più che neve, in quota ci sarà del fango.

Mercalli conferma: «Se nel resto del mondo il riscaldamento globale negli ultimi decenni ha innalzato le temperature medie di un grado, sulle Alpi siamo a un grado e mezzo abbondante». I problemi, in futuro, riguarderanno il ciclo dell’acqua. «Ciò che è solido, il ghiaccio, diventerà liquido. Passando sopra lo zero, anche la neve diventerà merce rara». Già negli ultimi due anni si è verificato qualcosa di inusuale: «Mancano le nubi, non ci sono perturbazioni, ma almeno c’era freddo e i cannoni hanno potuto lavorare. Però si stima che in futuro ci saranno delle annate in cui questo non avverrà, anche a quote medio alte, sui Duemila». Questo porterà pioggia e impossibilità di produrre neve artificiale. Ma ciò sarà il meno. «Le ripercussioni maggiori si avranno nell’agricoltura di montagna e sulla produzione idroelettrica, perché mancheranno le riserve per alimentare i bacini. Inoltre, aumenterà l’instabilità delle zone moreniche in alta montagna. Se pioverà più in alto, si verificheranno più alluvioni con trasporto di detriti morenici. Anche in alta quota si verificheranno temporali, con piogge abbondanti a quote anche attorno ai 2500 metri». Tutto ciò avrà ripercussioni sulle specie animali e vegetali, «che saranno costrette a migrare, aumentando la quota o la latitudine. Cambieranno la natura dei boschi e dei pascoli. E diverse specie si estingueranno». Perché puoi anche salire di quota per sopravvivere, ma poi, a un certo punto, «la montagna finisce e non puoi più salire oltre».

Il quadro è preoccupante. Lo si sa da tempo, ma non si agisce. «L’Europa in questo momento è debole. C’è stato un calo di attenzione nei confronti dell’ambiente, per via della questione migranti, dell’Euro, della Brexit. Questi sono problemi gestibili esclusivamente tra gli esseri umani. Ci si siede attorno a un tavolo e si prendono delle decisioni. Per quanto riguarda invece i cambiamenti climatici, non siamo gli unici attori coinvolti, non possiamo prendere noi tutte le decisioni. Quando si fa la guerra alla natura, si arriva a un certo punto in cui non si può più negoziare, se ne devono subire le conseguenze. La vera urgenza, a livello comunitario e planetario, è contenere gli impatti sul clima. Se continueremo a non arginare i danni che stiamo provocando, in un futuro non troppo lontano non avremo più nessuna possibilità di ritornare indietro».

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