BOLZANO

Giallo di Bolzano: spunta un movente in un segreto nella famiglia Quici

La Procura ottiene l’acquisizione di atti e testimonianze per dimostrare un presunto interesse alla morte di Heuschreck


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Nel giallo di Corso Libertà a Bolzano spunta l’ipotesi di un movente terribile. La Procura della Repubblica ha lavorato in silenzio nel corso degli ultimi mesi per fornire un teorema più completo, sotto il profilo processuale, nella consapevolezza che non sta in piedi un’accusa di omicidio volontario senza l’individuazione di un movente. E così il processo davanti alla Corte d’assise di Bolzano a Ester Quici (presidente Carlo Busato, a latere Stefan Tappeiner) si è aperto con le prime mosse del pubblico ministero Daniela Pol che ha depositato fonti di prova e citazione testi tesi proprio a dimostrare in aula quanto sinora non era mai emerso nell’inchiesta e cioè che Ester Quici avrebbe avuto un buon motivo per farla finita in tutti i sensi con il suo convivente. Non sarà facile provarlo, ma è questo il teorema che la Procura ha deciso di portare in aula ritenendo di poter dimostrare che Ester Quici avrebbe approfittato, con freddezza, degli scompensi psichici del compagno Alessandro Heuschreck, al fine di liberarsi di lui (e mandarlo sotto terra come in un’occasione gli aveva scritto in un sms minaccioso).

Ester Quici in tribunale per un interrogatorio davanti al giudice Bolzano. Ester Quici imputata di omicidio volontario La Procura della Repubblica ha depositato l'avviso di conclusione indagine formalizzando l'imputazione

Gli avvocati difensori Beniamino Migliucci ed Enrico Lofoco si sono opposti all’acquisizione di documenti e all’audizione di testimoni considerati inconferenti rispetto al capo d’imputazione ma i giudici hanno dato via libera alla Procura e hanno ammesso tutte le fonti di prova richieste, compreso l’interrogatorio dei due figli minori dell’imputata, presenti in casa la sera del dramma. Saranno sentiti con le necessarie cautele e le dovute tutele, ma saranno sentiti. Così come saranno acquisiti atti giudiziari di altri procedimenti che in passato coinvolsero in fatti gravi alcune persone (condannate a vario titolo) ora riapparse in un contesto molto vicino al menage familiare legato anche all’imputata. Il movente adombrato ieri in aula (e che la Procura tenterà di provare) è dunque custodito in un terribile segreto familiare.

Ieri, intanto, la prima udienza del processo è stata anche caratterizzata dalla lunga deposizione del maggiore Davide Perasso, comandante del nucleo investigativo dei carabinieri che condusse le indagini sin dalle ore successive ai fatti. La ricostruzione resa in aula dall’ufficiale ha fatto emergere alcuni particolari che dovranno essere chiariti. Dai tabulati telefonici, ad esempio, sono emersi contatti inquietanti tra Ester Quici ed un conoscente di famiglia dal passato indegno. La sera del dramma, ad esempio, mentre l’imputata era alla prese con il delirio autolesionistico di Alessandro Heuschreck, sul telefono cellulare della donna giungono (dalle 18.20 alle 21.38) ben 15 telefonate di questa persona che dimostra di aver abitudine di contatti. L’uomo è stato chiamato a deporre e dovrà chiarire il motivo di questa intensa attività telefonica. Così come sarà necessario chiarire nel dettaglio i tempi di reazione della donna durante il dramma. Ieri il maggiore Perasso ha rivelato che è certo che Ester Quici rientrò a casa, la sera della tragedia (sabato 21 marzo 2015) alle 18.05. La donna (in compagnia di due figli) venne ripresa dalle telecamere di sicurezza della sede della Banca Popolare di Corso Libertà. Ester Quici parcheggiò l’auto all’altezza del civico 35 e fu ripresa mentre attraversava la strada per raggiungere la sua nuova abitazione. La richiesta di intervento al 118 fu lanciata telefonicamente solo alle 19.15. Un periodo decisamente lungo nel corso del quale sarebbe esploso l’ennesimo litigio, forse perchè la vittima aveva scoperto una verità inaccettabile. Secondo la Procura l’imputata, prima di dare l’allarme, lasciò trascorrere volontariamente minuti decisivi cercando di tamponare prima da sola e poi con l’aiuto di una vicina le ferite del suo uomo che stava morendo, trovando anche il tempo (e la forza) di ripulire i pavimenti ed il coltello dalle macchie di sangue.

 













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