gioco d’azzardo

BOLZANO. «In città oggi se ne trovano almeno in una ventina di bar. Ci sono locali, a Bolzano, che con i totem si vantano di incassare tremila euro al mese. Monopoli e Finanza ne hanno già...


di Davide Pasquali


BOLZANO. «In città oggi se ne trovano almeno in una ventina di bar. Ci sono locali, a Bolzano, che con i totem si vantano di incassare tremila euro al mese. Monopoli e Finanza ne hanno già sequestrati diversi, ma poi si sono visti costretti a dissequestrarli: se manca la flagranza, è impossibile provare che servono a giocare d’azzardo sul web vincendo denaro e frodando l’Erario». Lo racconta il noleggiatore di macchinette Franco Scalet, titolare della ditta bolzanina Sogema.

Costretti dalla normativa provinciale a rimuovere le slot machine, i bar cittadini, in difficoltà per i mancati introiti, corrono dunque ai ripari installando i cosiddetti totem, ossia dei monitor touch screen dotati di lettore di smart card e banconote, collegati al web. Senza autorizzazione dei Monopoli di Stato consentono di giocare a poker, roulette, slot virtuali ecc. Non ingoiano solo monete, come le slot machine, bensì banconote. Ufficialmente servono a navigare su internet o effettuare ricariche telefoniche. Ma, volendo, possono anche ingoiare banconote da cento euro, con cui si può giocare su siti web specializzati. Basta entrare in qualche bar di Oltrisarco o del rione Europa, per vederli in funzione. Salette dedicate per fumatori, gente che gioca. Provare per credere.

Qualcosa non funziona. L’imposizione di rimuovere le slot machine dai bar di Bolzano ha appena compiuto il suo primo anno di vita. Secondo la politica comunale si tratta di un successo, dato che più della metà dei locali le ha rimosse. Secondo i noleggiatori, invece, la situazione, è catastrofica. E per di più l’azzardo non è stato debellato. Cinque i macrofenomeni emersi, come riferisce Scalet.

Chi ha perso. I bar che hanno rimosso sono in difficoltà, diversi hanno chiuso, altri lo faranno a breve. «Il bar acquistato a 100, adesso, senza slot, vale 70 o 60. Gli stessi proprietari dei muri, senza slot, non riescono nemmeno a riaffittare il locale rimasto vuoto, perché non rende abbastanza».

Chi rinforza. Poi ci sono i bar che ancora non si sono piegati alla legge provinciale sui luoghi sensibili. Anzi, tutt’altro. «Rinforzano». Ossia, «nel rispetto del limite dei metri quadrati, installano il massimo di macchinette consentite per la loro superficie. E così, i bar senza slot si svuotano, mentre quelli in cui si rinforza ora sono zeppi di giocatori».

Chi amplia. Inoltre, a rinforzare sono anche i tabacchini. «Un mio cliente ha rimosso le slot dal suo bar, ora a rischio chiusura. Il tabacchino di fronte ha buttato giù il muro, ha ricavato un’ampia sala e ha installato otto macchinette».

Chi se la gode. Naturalmente, poi, ci sono anche le sale giochi. «Proprio ieri - racconta Scalet - ho parlato col responsabile di zona della Cirsa, uno dei principali gestori di reti dei Monopoli, stiamo parlando di Intralot. Le loro sale a Bolzano città hanno incrementato il volume di gioco del 40%».

Le falle del sistema. Questi fenomeni evidenziano chiaramente le falle della legge provinciale, che colpisce esclusivamente i bar. Ma si tratta comunque di fenomeni a tutti gli effetti leciti. Magari criticabili o incomprensibili all’uomo della strada. Epperò la legge non li vieta.

Chi decide di rischiare. Altro è il caso dei baristi che hanno rimosso, ma non ci stanno dentro con le spese o desiderano non diminuire il loro incasso, già così magro per via di questa crisi. «Con le slot - sostiene Scalet - non è più consentito tenere aperto, ma senza slot non si campa, e allora ci si ingegna: ogni giorno ci sono clienti che mi telefonano: “Vieni tu a mettermi un totem? Altrimenti lo chiedo ad altri”. Altri da fuori provincia, ma anche locali. Io però non è che posso permettermi di rischiare la mia licenza... Ho acquistato un’azienda da milioni di euro, che oggi non vale più niente. Però non sono disposto ad andare oltre la legge».

I (dis)sequestri. Scalet prosegue: «Ho rapporti quotidiani con i Monopoli, la Finanza, la Questura. Me l’hanno raccontato loro: i totem sequestrati sono stati costretti a dissequestrarli, perché, mi dicono, se non li becchi sul fatto non puoi far nulla». Scalet è un uomo senza peli sulla lingua: «Involontariamente, senza volerlo, i Comuni sono collusi con l’illegalità. Se mi togli una roba legale, non puoi non sapere cosa succederà...».

La speranza. Franco Scalet ricorda a tutti che un emendamento al decreto Salva-Roma, a firma della senatrice Federica Chiavaroli (Ncd), sanziona gli enti locali che hanno introdotto misure restrittive per i giochi pubblici riservati allo Stato (slot, videolottery e simili). In pratica, le minori entrate erariali derivanti dalla stretta locale sulle “bische legalizzate” saranno compensate da minori trasferimenti statali. Franco Scalet si chiede: «Che farà ora il nostro Comune?»

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