Giornata dell’autismo In Alto Adige 146 casi

Sono seguiti dall’associazione Il Cerchio e dal reparto di neuropsichiatria Una mamma racconta la sua esperienza: «Devono imparare a relazionarsi»


di Alan Conti


BOLZANO. Oggi è la Giornata Mondiale dedicata alla riflessione sull’autismo. Un disturbo neuro psichiatrico che viene seguito da vicino, in Alto Adige, dall’associazione Il Cerchio , che fornisce un quadro statistico della malattia in provincia. «Seguiamo 36 utenti di età compresa tra i 2 e i 44 anni - spiega una delle coordinatrici Verena Isaia - mentre l'ambulatorio specialistico della neuropsichiatria di Bolzano ne segue 120 circa (fino ai 21 anni). Per gli adulti il quadro è un po’ più complesso: la psichiatria si sta attrezzando per offrire almeno la diagnosi. Il Cerchio supervisionia anche i laboratori protetti di Assb (ufficio handicap) dove ci sono persone con autismo o tratti autistici (circa una quindicina)».

Oltre alle iniziative di sensibilizzazione previste per oggi, può essere utile andare a guardare da vicino cosa significhi vivere quotidianamente con un bambino affetto da autismo. Senza drammi né retorica, facendoci accompagnare dal sorriso di una mamma. «Mio figlio ha 10 anni e ha una forma di autismo ad “alto funzionamento” - spiega una signora bolzanina -. Significa che ha un'intelligenza nella norma, ma delle difficoltà dal punto di vista della relazione sociale».

In cosa si manifesta, quindi, il suo autismo?

«Tende a sovrastare i rapporti con le proprie passioni e non percepisce le intenzioni dell'altro. Mi spiego: si focalizza su delle passioni e tende a volerne parlare sempre. Per loro è anche un momento di scarico perché si tratta di argomenti dove si sentono forti, a proprio agio, a fronte di un mondo fatto di rapporti sociali difficili».

Perché hanno difficoltà nella relazione con gli altri?

«Perché non comprendono certe espressioni verbali o doppi sensi. Per loro è tutto letterale. Diventano strani e si accorgono di essere in qualche modo distanti».

È stato difficile accorgersi del disturbo per voi genitori? «Un poco sì. Avevamo dei sospetti perché aveva degli atteggiamenti tipici».

Quando è arrivata la diagnosi, però, la reazione di Marco è stata di sollievo. «Sì, sapeva di avere qualcosa di diverso dal gruppo e finalmente ha avuto la conferma di cosa fosse. Oggi ammette serenamente “Io sono fatto così”. Certo, poi bisogna sorvegliare che non diventi una facile scappatoia o giustificazione» ride. «Ci sono degli aspetti della vita sociale che non gli interessano minimamente. Non trova nessuna attrazione, per esempio, verso gli smartphone mentre i suoi compagni sono già molto attenti a questo tipo di tecnologia e comunicazione».

Questa forma di autismo, è bene sottolinearlo, non limita le possibilità di sviluppare una vita autonoma. «Nostro figlio può tranquillamente aspirare a un futuro indipendente come tutti. Lo dovrà fare solo con tempi più lunghi. Ci sono cose che ancora non ci fidiamo a fargli fare da solo come andare a scuola. Capita, infatti, che quando si estranea si metta ad attraversare la strada senza motivo né attenzione».

In tutto questo sta assumendo sempre più importanza l'associazione Il Cerchio: presente da pochi anni eppure già essenziale. «È fondamentale permettere a Marco di calarsi in contesti relazionali simili al suo».

C'è, infine, un aspetto particolarmente singolare. «Hanno un senso di giustizia profondo e innato – conclude la mamma – legato a una sensibilità maggiore. Quando si trovano di fronte a un'ingiustizia nei loro confronti o tra estranei soffrono molto e sono portati a intervenire subito, senza mediazioni. Questo, ovviamente, li rende particolarmente inclini a infilarsi nei guai ma è ammirevole. L'altro giorno Marco mi ha detto “Che bello sarebbe se tutti fossero come me”? Ho pensato avesse ragione».

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