TRENT'ANNI FA

Giovanni Rana, il primo vigile urbano di Bolzano: «Un lavoro bellissimo» 

Il personaggio. Arrivò da Trani nel 1926, la sua era la tessera numero 1 del nuovo corpo della polizia municipale che sostituì la gendarmeria austriaca. «Il mio comandante era Brandstätter, un uomo eccezionale». «Che emozione nel 1932 l’inaugurazione del Lido di viale Trieste»


ALBERTO FAUSTINI


C’era una volta Bolzano. Ripubblichiamo la testimonianza rilasciata nel 1991 al nostro direttore Alberto Faustini da Giovanni Rana, il primo vigile urbano di Bolzano. Se volete rileggere una storia, scriveteci a: bolzano@altoadige.it

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di ALBERTO FAUSTINI

Ottantasette anni (nel 1991, ndr), un cuore grande così e la voce rotta da un'emozione che di colpo diventa commozione. Giovanni Rana è una fonte da cui sgorgano ricordi resi ancora più lucidi dal bagliore d’una lacrima. È il primo vigile urbano di Bolzano. Il simbolo di un tempo in cui il vigile si muoveva tra le biciclette, tra i sorrisi della gente, tra i piccoli vulcani di una città ancora lontana dall'eruzione di nome sviluppo.

Vedovo da qualche anno, due figli, Rana vive alla Casa di riposo Serena. In via Fago, in quella Gries che un tempo era una piccola cittadina e che Rana, da vigile, non aveva mai visto.

Gli manca il mare, il mare di un bambino che ha dovuto lasciare la sua Trani molto presto, e gli manca, soprattutto, sua moglie, compagna e amica di una vita lunga e felice.

Quando i suoi colleghi di oggi lo cercano per invitarlo alle feste del vigile, cerca sempre di inventare una scusa per non andarci.

Non ama le manifestazioni, i ricordi, tutto ciò che può farlo commuovere. Ma spesso gli amici vigili lo “raccolgono di peso” e gli fan festa. Come e più di sempre.

Arrivato a Bolzano nel 1926, quando i vigili sostituirono i gendarmi austriaci, ha imparato ad amare questa città. Appena ha avuto un attimo di tempo, però, è “scappato” (in gita) a Trieste, per abbracciare il suo mare.

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Tra pochi mesi saranno 87. I miei anni, certo. Sono nato nel 1904, il 22 novembre. A Trani - ricorda con orgoglio Giovanni Rana - in provincia di Bari.

Finite le elementari ho deciso di smettere di studiare. Mio padre, che era analfabeta, non approvò, ma alla fine decise di mandarmi a fare il barbiere. In famiglia eravamo in tredici: papà, la mamma, nove figlie e due figli.

Una bocca in meno da sfamare significava dunque qualcosa.

Mi arruolai a 18 anni

A 18 anni decisi di arruolarmi e presentai la domanda ai carabinieri. Nel 1923 mi chiamarono a Bari, alla visita militare. Mi hanno fatto abile e mi hanno subito mandato a Roma. Di lì, da allievo carabiniere, a Cassino, in provincia di Caserta. Una volta nominato carabiniere effettivo sono tornato a Roma, alla Caserma Garibaldi, dove mi sono fermato tre anni. Mi chiesero di iscrivermi al corso per passare sottufficiale, ma ero rimasto molto impressionato dal clima che si era creato dopo la marcia su Roma. Un giorno incontrai un mio zio e mi disse che a Bolzano c'era un corso per vigili. I vigili, infatti, avrebbero ben presto dato il cambio ai gendarmi austriaci.

Lo dico francamente: non sapevo dove fosse Bolzano e quando andai in stazione a fare il biglietto, il bigliettaio mi guardò e si mise a ridere. “Lei - mi disse - va ai confini dell’Italia. A novanta chilometri da Bolzano c'è infatti il confine italo-austriaco”. La sua risata mi sorprese. Ma non mi persi d'animo. Presi il biglietto e andai a prendere il treno.

Una cosa mi spaventava: le montagne. Io ero abituato al mare e se penso a quel mare, al mio mare, mi vengono le lacrime agli occhi. È così: la montagna mi faceva paura e all'inizio, a Bolzano, fu veramente dura.

Il vigile numero 1

Il concorso andò bene e nel 1926 iniziò dunque, come dire, la mia avventura bolzanina. Sul mio distintivo di vigile c’era il numero uno. Sì, ero proprio il primo vigile di Bolzano. Il nostro comandante era Brandstätter, il padre del generale che dopo aver presieduto la Cassa di risparmio è tornato a fare l'avvocato. Brandstätter era una persona straordinaria.

Era il capo della Gendarmeria austriaca, ma era talmente bravo e retto che decisero di metterlo alla guida dei vigili italiani. Lo ricordo con affetto. E con affetto ricordo il delizioso rapporto che aveva con il figlio, che allora era un ragazzino. Si volevano davvero un gran bene.

Abitavo in caserma, al numero 5 di via Isarco. E a mangiare andavo nelle pensioni private della zona. Allora non ero sposato. E per sei anni ho pagato la tassa di celibato a Mussolini. Mia madre mi considerava matto e mi diceva continuamente di sposarmi. Ma io volevo godermi la vita. E fino al mio ventinovesimo compleanno ho pagato la tassa come se niente fosse.

Poi mi sono sposato, a Bari. E ho portato mia moglie a Bolzano. Mia moglie era straordinaria. E la mia vita, da quando è morta, il 7 giugno del 1987, è molto cambiata. Anche adesso, mentre ci penso, mi viene da piangere. Soffro, soffro molto. E da quel giorno vivo alla Casa di riposo Serena, in via Fago. Mi trovo bene, ma mia moglie mi manca davvero moltissimo.

Un lavoro bellissimo

A Gries, dove c'è la Casa di riposo, non ero mai stato. Quando facevo il vigile, infatti, era un’altra cittadina.

Io mi occupavo solo di Bolzano. E fare il vigile era piacevole. Non c'erano, allora, tutte le macchine che oggi rendono così caotica la città. E il vigile aveva un bellissimo rapporto con i cittadini. È difficile, oggi, spiegare ciò che accadeva allora, raccontare le gioie che sapeva regalare un lavoro come il mio. Eppoi, anni fa, avevo anche il tempo per andare a fare qualche gita. Girare mi è sempre piaciuto moltissimo. E la mia “trasferta” preferita era indubbiamente quella di Trieste. In quella zona andavo spessissimo. C’era il mare e quella città mi ha sempre affascinato. Ma mi hanno sempre attirato anche i paeselli di montagna che circondano Bolzano. Non è però stato tutto positivo. Della mia giovinezza non ho un bel ricordo. È stata molto dura. Una conquista quotidiana. E spesso, come quando, ad esempio, ho scelto di trasferirmi a Bolzano, ho sofferto. E mi sono dovuto rassegnare.

Poi a questa città mi sono abituato. Continua a mancarmi il mare, ma è qui che è sepolta mia moglie ed è qui che vivono i miei due figli.

In tanti anni ho visto questo piccolo paese diventare una sorta di metropoli. Credo che oggi Bolzano sia la città più ricca d’Italia, ma troppe cose sono cambiate.

I ricordi legati alla mia permanenza in terra altoatesina sono molti. Ricordo la guerra, quando mi confermarono in servizio, anche se i vigili, per un certo periodo, passarono sotto la guida della Wehrmacht. In quel periodo la mia casa, in viale Trento, fu bombardata. Era il 4 ottobre del 1944, una giornata carica di paura, come tante di quei tempi ormai lontani.

In quei giorni drammatici il generale Brandstätter, il figlio del mio primo comandante, mi invitò a stare tranquillo. “Se ci saranno problemi - mi disse - tenterò di farla assumere alla Cassa di risparmio”.

Come il padre, anche il generale è sempre stato gentilissimo con me. Fortunatamente non fu necessario. Rimasi infatti nel corpo dei vigili urbani anche dopo la guerra. E ho lavorato li fino al 1966, quando sono andato in pensione.

Oggi, quando c'è la festa del vigile, i miei colleghi mi invitano ancora. Io sono contrario a questo tipo di manifestazioni, ma in genere vengono a prendermi di peso. E devo dire che in fondo in fondo mi fa piacere. Ho lavorato 40 anni esatti a Bolzano e mi hanno anche dato la Croce di cavaliere.

Dal Lido alla Fiera

Ho visto nascere il Lido e il campo sportivo, nel 1932. Due luoghi che per la città sono stati importantissimi. Due punti di ritrovo, due strutture sportive d'eccezione, due gioielli. Mi ricordo anche la prima fiera, inaugurata in largo Verdi, nella bellissima sala civica che qualche tempo dopo è stata trasformata in circolo ufficiali del Ministero della guerra.

I ricordi sono molti, tutti o quasi tutti legati a una città che non c'è più. Basta guardare la foto che ci hanno fatto quando abbiamo iniziato a lavorare a Bolzano. L'unico rimasto in vita sono io. Che tristezza.

 













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