I Verdi: «Trattiamo». Stefanelli: «Io no»

L’assemblea del partito insiste per trovare un accordo con Spagnolli, ma la consigliera si sfila: «Non lo voterò mai»


di Paolo Campostrini


BOLZANO. E Cecilia restò sola. «Se cercate una persona per fare un'estremo tentativo che salvi Spagnolli, io non sono quella persona». Questo ha detto la Stefanelli davanti alle fecce terree di Brigitte Foppa e Riccardo dello Sbarba che avevano appena tentato l'impossibile: «Non voglio votare sul fatto di entrare noi in maggioranza - aveva appena scandito il consigliere provinciale verde- se questo significa che tu ti dimetterai un minuto dopo. Ma vogliamo chiederti di provare ancora». Non è stata un'assemblea, quella dei Verdi. E' stata una seduta di autoanalisi collettiva. «Questa politica è un pantano - ha detto Cecilia Stefanelli- e io non ci voglio stare. Voi tutti, poi, mi state martirizzando. I Verdi vivranno anche dopo di me». In sostanza, la maggioranza dei Verdi vuole fare un ultimo tentativo per ricostituire una maggioranza di centrosinistra, la loro capogruppo, votata da 5 mila bolzanini no. E così, la "greenpeace" resta un battello in mezzo a onde alte come un palazzo. I Verdi la cercano la pace verde e non la trovano, sbattuti come sono tra due scogli. Quello del trio Kronbichler-Palermo-Gnecchi che da Roma li invitano ad appoggiare Spagnolli e quello di Cecilia Stefanelli che guarda i suoi negli occhi, li scruta ad uno ad uno e dice: o me o il sindaco. E si capisce perchè Spagnolli quando la vede ha i brividi. Lei va dritta come una spada. La più votata e la leader maxima verde sillaba: «Vi invito a votare una mozione di sfiducia a questa giunta». Perché? Perché Spagnolli "dice le bugie". In sostanza: prima ci caccia, poi ci recupera, prima dice no a Benko per avere il nostro voto, poi dice sì e infine vuole il nostro appoggio ma senza mai chiedercelo. Questo racconta Cecilia raccontando queste ultime turbinose settimane davanti all'assemblea verde chiamata a decidere "coram populo" se aprire o no una trattativa in consiglio. Un'assemblea che ha davanti tre opzioni: entrare in maggioranza a pieno titolo, appoggiarla ma solo dall'esterno o stare all'opposizione. Tre scelte secche. Per la Stefanelli vale solo l'ultima. Se fosse la prima, lei se ne va. Ma anche l'estremo compromesso per farla almeno andare a trattare naufragherà poi, intorno alle dieci di sera. Rievoca la sua rottura del 16 giugno, la capogruppo. Quando a mezzanotte, con Spagnolli e Margheri e Gallo ormai convinti di una sinistra non più di lotta ma di governo, lei prese baracca e burattini e lasciò il tavolo. «L'ho fatto per coerenza, per rispettare gli elettori in presenza del silenzio assordante del sindaco su Benko e alla prospettiva di un taglio delle tasse che avrebbe inciso sui servizi». Poi il "nein" della Pitarelli, il salvataggio in extremis della giunta col voto verde e poi l'oggi. «Ma da allora a stasera nulla è cambiato per farmi cambiare idea. Non abbiamo nessuna garanzia e nessuna fiducia reciproca, questo è il punto. E allora dico no, o me o lui". Molti applaudono, altri hanno ancora nelle orecchie la lettera della Trincanato, ex assessora ieri in vacanza che scrive ai suoi, prima del voto, per dire: «Abbiate senso di responsabilità. Quello che è stato fatto di buono in passato è perchè noi c'eravamo in giunta...». In sala l'assessore Randi, fermo sostenitore dell'alleanza rossoverde, è stretto a Gallo e Margheri. Ci prova a convincerla. Come Gallo e Margheri. Come tutti in fondo. Dello Sbarba è spalla a spalla con Heiss, poi arriva la Foppa. Sono le avanguardie provinciali del fronte trattativista. Quello che spinge per il dialogo (almeno) con Spagnolli. Per tenere la porta aperta. "Aperta verso chi non ha fiducia in noi e dice bugie?" insiste Cecilia. La greenpeace è lontana.













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