Il Cai duro: «Il rifugio Bolzano è nostro»

Lettera della sezione del capoluogo a Kompatscher dopo che l’Avs è tornato a rivendicarlo: sventola la bandiera sbagliata


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Premesso che parlare di bandiere “giuste” e bandiere “sbagliate” nel 2016 dovrebbe suonare abbastanza fuori dal tempo, ricordiamo che il rifugio Bolzano è stato oggetto di indennizzo, nel 1970, nell’ambito delle trattative per il “Pacchetto” di Autonomia dell’Alto Adige, ad una cifra all’epoca di tutto rispetto (94 milioni di vecchie lire, ndr). Deve quindi considerarsi una proprietà acquisita a pieno titolo dal Cai». Dopo gli articoli, apparsi nelle ultime settimane sulla stampa di lingua tedesca, in cui l’Avs torna alla carica per rivendicare il rifugio Bolzano (Schlernhaus in tedesco) e il presidente della Provincia Arno Kompatscher avrebbe lasciato intendere che dopo il risanamento dei rifugi passati di proprietà alla Provincia ci si occuperà anche del “Bolzano”, il consiglio direttivo (presidente Riccardo Cristofoletti) del Cai sezione di Bolzano - proprietaria del rifugio che si trova a 2457 metri d’altezza nel cuore dello Sciliar ed è gestito dal 1976 dalla famiglia Gasser, oggi ci sono Silvia e Harald - ha deciso di mettere subito le cose in chiaro, inviando una lettera proprio a Kompatscher.

Costruito dall’Alpenverein tedesco e austriaco, sezione di Bolzano, nel 1885, durante il periodo fascista era stato espropriato e diventò proprietà della sezione di Bolzano del Cai, proprio in virtù dell’esproprio l’Avs era stato successivamente indennizzato.

Da allora sono passati quasi 50 anni, ma per tutto ciò che ha una qualche valenza etnica, in Alto Adige il tempo sembra non passare mai. Periodicamente si riaccendono le polemiche e trattandosi di rifugi ciò coincide spesso con l’arrivo della bella stagione e quindi con il periodo di apertura.

«Il Bolzano - spiega Georg Simeoni, presidente dell’Avs - per noi è un rifugio speciale, perché sorge nel cuore dello Sciliar, simbolo dell’Alto Adige. Ci è stato portato via durante il periodo fascista e questa per noi rimane una spina che fa ancora male. Il desiderio di molti nostri iscritti è che possa tornare un giorno nostro anche se ci rendiamo conto che ciò non sarà facile visto che è di proprietà del Cai».

Di fatto sarà impossibile perché se il Bolzano è un rifugio simbolo per l’Avs, lo è anche per il Cai che lo spiega chiaramente nella lettera a Kompatscher: «Nel tempo, anche successivamente al 1970, il Cai ha sempre manifestato disponibilità al dialogo, alla cogestione ed addirittura alla comproprietà del rifugio Bolzano. Queste proposte sono sempre state respinte al mittente da parte dell’Avs. Gli sviluppi politici degli anni successivi, la vicenda della segnaletica di montagna e la contestuale insistenza delle richieste di passaggio di proprietà hanno portato l’assemblea dei soci della Sezione di Bolzano a deliberare per ben due volte, da ultimo nel 2013, affinché la proprietà rimanesse pienamente al Cai di Bolzano. Riteniamo pertanto che sollevare nuovamente la questione del Bolzano da parte dell’Avs e/o della Provincia non possa far altro che provocare tensioni e riaprire vecchie contrapposizioni che lo stesso presidente dell’Avs, oltre naturalmente a noi stessi, ritiene superate».

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