Il caso: ambulanza negata «Imperizia e negligenza» 

Le motivazioni della condanna. La decisione presa da alcuni operatori del 118 di non trasportare un’anziana in gravi condizioni all’ospedale «frutto di una discrezionalità mal governata». Il medico di guardia venne ignorato



Bolzano. Non solo colpevole sottovalutazione della situazione clinica ma anche negligenza. E’ questo il giudizio del giudice Carlo Busato sul dramma dell’anziana bolzanina (di 76 anni) morta in casa per emorragia intestinale dopo che i familiari avevano chiesto più volte un intervento sanitario urgente. Una brutta pagina del sistema operativo della sanità altoatesina di primo intervento che ha portato sotto processo il capo equipaggio di un’ambulanza inviato in casa della paziente ed un centralinista del numero unico di emergenza 112 (ex 118). A chiedere l’intervento urgente di un medico o di un operatore sanitario era stata la figlia della paziente. L’anziana avrebbe dovuto essere trasportata d’urgenza in ospedale a seguito di una emorragia intestinale (come indicato espressamente dalla guardia medica) che venne però scambiata dall’operatore del 118 per un malessere provocato da un virus intestinale nonostante la figlia della paziente avesse più volte sottolineato che la madre evidenziava diarrea nera (particolare che avrebbe dovuto subito ipotizzare una fase emorragica). Inoltre la situazione avrebbe dovuto essere considerata ancora più a rischio in quanto la paziente da tempo era in cura per fibrillazione atriale con ricorso quotidiano al “Coumadin” , un anticoagulante del sangue. Come si ricorderà il capo equipaggio venne condannato a sei mesi di reclusione, il centralinista (che gestì dalla sala operativa la richiesta di aiuto) a quattro mesi. Ieri il giudice Carlo Busato ha depositato le motivazioni della sentenza ricordando che «il personale soccorritore, oltre che incaricato di un pubblico servizio essenziale, è portatore, ancorché non inquadrabile formalmente tra i professionisti sanitari, di una posizione di garanzia di protezione nei confronti della vita, della salute e dell’integrità fisica del paziente che ha in carico». «La scelta di non effettuare il trasporto in ospedale - si legge ancora in sentenza - è stata frutto di una discrezionalità mal governata, fondata su una raccolta superficiale dei dati del paziente e contrastante con le indicazioni dei familiari dello stesso. Il contegno del capo equipaggio è stato infine colposamente imprudente allorquando ha ipotizzato una diagnosi errata senza averne le competenze». Per il centralinista è stato invece decisivo il fatto di essersi fidato della diagnosi del collega (privo della necessaria preparazione sanitaria) nonostante fosse a conoscenza delle condizioni della paziente, nonché del fatto che un soggetto qualificato (ossia la guardia medica) aveva indicato di ritenere necessario il ricovero urgente della paziente in ospedale. Di fronte a tale situazione - scrive il giudice - il centralinista non pose in essere «una condotta conforme allo standard di diligenza e perizia richiesto, violando in tal modo delle regole cautelari.»













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