Il mullah Krekar incontrò Bin Laden 

Ieri alla ripresa del processo è stata confermata la sua posizione di riferimento nella galassia del radicalismo islamico


di Mario Bertoldi


BOLZANO. La formazione degli aderenti alle cosiddette cellule dormienti della Jihad, costituite anche in Alto Adige, passava per una università coranica che operava via internet e che il mullah Krekar, principale imputato del processo entrato nel vivo a Bolzano, guidava personalmente.

Lo ha rivelato ieri in aula, davanti alla Corte d’assise, un Maggiore dei Ros, il reparto operativo speciale dei carabinieri. Krekar, vero punto di riferimento dell’estremismo islamico, è stato a lungo intercettato nel carcere norvegese ove ha trascorso diversi mesi.

E proprio in quella occasione sono emersi contatti e ramificazioni importanti dell’organizzazione messa in piedi a livello internazionale a scopo terroristico. Il mullah ora sotto processo a Bolzano non avrebbe mai fatto mistero di aver avuto contatti anche con le centrali più cruente del terrore di matrice islamica e si sarebbe anche più volte vantato di aver avuto la possibilità (agli inizi degli anni 2000) di conoscere personalmente anche Osama Bin Laden, la mente dell’attentato alle Torri Gemelle.

Il movimento terroristico che il mullah Krekar intendeva promuovere e sostenere passava per uomini altamente preparati anche da un punto di vista culturale. Proprio a questo scopo era stata istituita questa sorta di università coranica online che curava l’indottrinamento radicale di chi voleva avvicinarsi alla jihad. Il sistema di reclutamento era severo ed i vari adepti avevano la possibilità di procedere ai vari gradi di affiliazione sulla base di prove di preparazione che permettevano di avanzare ottenendo di volta in volta le password per accedere alle varie tappe affiliazione.

Solo chi risultava preparato aveva la possibilità di arrivare sino in fondo. Il mullah Krekar non avrebbe mai fatto mistero dell’obiettivo finale sulla base di una lettura radicale del Corano , considerato libro sacro contenente l’unica verità in nome del quale progettare e compiere anche attentati sanguinari per combattere e punire gli “infedeli”.

Sotto questo profilo, la figura del mullah Krekar emersa ieri dalle testimonianze rese in aula da tre investigatori (tra cui come detto il comandante dei Ros) è tutt’altro che pacifista o semplicemente ideologica. Dietro alla divulgazione del Corano, letto e studiato in termini radicali, ci sarebbe sempre stato anche l’impegno di progettare interventi concreti di lotta sul territorio.

Un impegno confermato anche dal materiale informatico sequestrato allo stesso Krekar assieme ad un suo saggio proprio sulla formazione e l’organizzazione dei nuovi adepti jihadisti. Per incentivare il radicalismo jihadista, il mullah Krekar avrebbe anche curato personalmente la ricerca di disponibilità finanziarie.

La prossima udienza, fissata per il 4 marzo, sarà dedicata al contro interrogatorio dei testi da parte degli avvocati difensori dei sei presunti estremisti sotto accusa.

Ieri in apertura di udienza il presidente Carlo Busato ha letto un’ordinanza con la quale si dispone la prosecuzione del processo senza alcun collegamento audio e video con Krekar dalla Norvegia. La Corte ha puntualizzato che è stato proprio l’ideologo estremista a rinunciare a presenziare al processo che lo riguarda rinunciando a sfruttare l’opportunità concessa dalle autorità norvegesi che gli aveva garantito i documenti per raggiungere l’Italia (anche sotto scorta) per poi rientrare in Norvegia ove si trova come rifugiato. In realtà è emerso che l’imputato intendeva ottenere dalla Procura garanzie che non potevano essergli concesse come quella di garantirgli di non essere arrestato una volta in Italia, neppure su eventuale richiesta di estradizione della Giordania, Paese nel quale Krekar venne condannato qualche anno fa con una pena ancora pendente.

 













Altre notizie

Attualità