Il nuovo direttore «Voglio trasmettere l’amore per il teatro»

Zambaldi è già di casa a Bolzano, dove vive la famiglia Il nuovo incarico? «Una grande responsabilità»


di Fabio Zamboni


BOLZANO. A Bolzano lo conoscono in tanti, soprattutto quelli della sua generazione. Perché gli altri lo possono aver incontrato solo nel weekend, quando passeggia in centro con la moglie Liana e l’inseparabile Goran, golden retriever che ti fa subito pensare al fatto che cani e padroni finiscono con l’assomigliarsi. Belli entrambi, in questo caso. D’ora in poi - anzi, dal giugno dell’anno prossimo, quando scatterà l’incarico di direttore del Teatro Stabile - sarà più difficile vederlo in giro anche se ritornerà a tempo pieno nella sua città: succedere a Marco Bernardi, gestire l’amministrazione dello Stabile, catturare nuovi pubblici imponendo inedite strategie artistiche, gli lasceranno ben poco tempo libero.E allora vediamo subito con quale spirito Walter Zambaldi affronta l’impresa. E’ a Rubiera, presso Reggio Emilia, dove dirige Corte Ospitale: «buongiorno, direttore!». Lui risponde al telefono, si schermisce, quasi imbarazzato: «Lo so da pochi minuti, devo ancora riprendermi».

Contento, però.

«Certo, è una grande soddisfazione,ma la prima reazione è pensare a quanto lavoro mi aspetta, a quale responsabilità comporta dirigere il teatro della propria città, uno degli Stabili più longevi e importanti d’Italia».

Alla gioia per il nuovo incarico corrisponde magari un velo di nostalgia per quello che si lascia?

«Beh, qui credo di aver lavorato bene, ma un cambiamento così lascia poco spazio alla nostalgia».

Nell’ultima intervista, quattro anni or sono, l’avevamo definita “cento chili di simpatia ed energia”, fumava sigarette anche spente e sfoggiava una barba incolta: è cambiato qualcosa?

«No, tutto uguale, son quelle costanti a cui ci si affeziona».

I tempi: ora la nomina, a giugno 2015 l’incarico vero e proprio.

«Fare una nomina con un anno di anticipo consente di lavorare bene, di preparare il terreno, di progettare. E questa, a livello nazionale, è una cosa assolutamente unica».

Il contratto è triennale.

«Bene così. Consente di programmare, di correggere, di impostare. E di capire - io e chi mi offre l’incarico - se sono l’uomo giusto al posto giusto».

Per sette anni ha collaborato con il Tsb e con Bernardi.

«Mi occupavo di varie cose, e mi è servito molto a crescere e a capire che quello del teatro è il mio mondo».

Il Tsb è il punto di riferimento della comunità italiana, senza pruriti nazionalistici.

«Lo resterà. Con la stessa attenzione al mondo tedesco e agli autori stranieri».

In questo momento a quale progetto sta lavorando?

«Lunedì arriva a Corte Ospitale Stefano Bollani, che ha scritto un testo che metterà in scena lui e che debutterà al Mittelfest a fine luglio».

Trasloco impegnativo?

«Ma no: a Bolzano ho famiglia, moglie e due figli “ereditati” appunto dalla mia compagna; hanno 13 e 10 anni e sono una bella compagnia. Insomma, traslocherò soltanto me stesso».

In questi anni ha seguito il lavoro dello Stabile?

«Certo, ho visto un sacco di spettacoli e ho seguito il lavoro di Bernardi, come amante del teatro non come candidato al suo posto. Davvero, in questi anni non ho mai pensato alla mia carriera, ma a fare bene il mio lavoro in Emilia con qualche trasferta a Bolzano, dove ho curato un lavoro di scrittura creativa con i carcerati e dove ho portato Paolo Rossi a tenere laboratori in carcere e con i giovani che frequentano i laboratori dello Stabile. Insomma, non ho mai rinunciato alla mia bolzaninità...»

Uno dei primi obiettivi?

«Far innamorare del teatro chi non lo conosce, come è accaduto a me. Creare colpi di fulmine, intercettando non solo i giovani».

Come si dice a Corte Ospitale: buona fortuna o il classico “merda”...?

«Merda, merda, merda...».













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