la storia

Il papà che ha costruito la casa per ragazzi autistici

In Valle di Non ha creato un centro d’avanguardia di livello extra-regionale


di Antonella Mattioli


«Laggiù dove finisce il giardino di Casa Sebastiano, adesso c’è una montagna di terra: è lì che quando troveremo i fondi costruiremo delle casette con otto-nove appartamenti per dare anche ai ragazzi autistici un futuro indipendente». Giovanni Coletti, 58 anni, imprenditore di Mollaro in Val di Non, è da sempre abituato a guardare oltre gli ostacoli.

Lo ha fatto il giorno in cui, a metà degli anni ’80, lui dipendente di una ditta del comparto meccanico, ha deciso di fare il salto, mettendosi in proprio e creando nel garage sotto casa la “Tama”, un’azienda con stabilimenti oggi anche all’estero, specializzata inizialmente nel montaggio e nella manutenzione di impianti per la depurazione dell’aria; adesso anche nella produzione delle apparecchiature.

Ha saputo guardare oltre il mondo che improvvisamente gli cadeva addosso, il giorno in cui i medici dissero che Martina e Roberta, le gemelle tanto desiderate e che oggi hanno 28 anni, soffrivano di autismo. Quella “parola” spiegava perché le due bimbe erano diverse dai coetanei.

«Per prima cosa io e mia moglie Manuela - dice - chiedemmo cos’era e poi cosa si poteva fare. Abbiamo cercato nuove cure in Italia e all’estero: siamo stati anche negli Stati Uniti. Ma purtroppo - nonostante in tutto il mondo si studi da anni l’autismo - non si è ancora individuata la causa e quindi non c’è una cura. Se però il disturbo delle spettro autistico, come viene definito, è diagnosticato presto - oggi è già possibile farlo intorno ai 18-24 mesi - ci sono grosse possibilità di effettuare interventi psicomotori, di logopedia, comportamentali, educativi che se mirati ed intensivi consentono di migliorare notevolmente la qualità di vita del soggetto autistico e della sua famiglia».

Lavoro in rete. In attesa di trovare la medicina miracolosa, l’unica risposta è il lavoro in rete che mette assieme le diverse competenze che vanno dal pediatra al neuropsichiatra infantile, dal logopedista al fisioterapista. È con questa convinzione che ha realizzato a Coredo in Valle di Non Casa Sebastiano, una struttura d’avanguardia, che vuol essere un centro di riferimento a livello regionale ed extra, per i soggetti autistici e le famiglie.

Il complesso è stato inaugurato alcune settimane fa; tra giugno e luglio arriveranno i primi ospiti e Casa Sebastiano - in ricordo di un ragazzino autistico morto alcuni anni fa - in questi giorni è tempestata da una serie di telefonate anche dall’Alto Adige, oltre che dal resto d’Italia di famiglie e di istituzioni che chiedono informazioni. Molti coloro che non si accontentano delle informazioni telefoniche o trovate in internet e vogliono vedere personalmente la Casa, realizzata in mezzo al verde di Coredo e costata oltre cinque milioni di euro: somma finanziata per il 90% dalla Provincia di Trento e il resto dai privati. I servizi sono erogati in convenzione con l’Azienda provinciale per i servizi sanitari della Provincia di Trento e per accedere alla struttura le famiglie devono rivolgersi all’assistente sociale di riferimento che attiverà l’Uvm, ovvero Unità di valutazione medica territoriale. La parte residenziale - ci sono nove stanze tutte con accesso diretto al giardino e dotate di servizi - e il centro diurno sono gestiti dalla Cooperativa socio-sanitaria Autismo trentino. Anima della Casa Giovanni Coletti che si dive tra l’azienda e il centro. Realtà diverse, in comune il carattere dell’innovazione come sfida.

Le famiglie. Al fianco del fondatore, Stefano Borile che cura la parte amministrativa, ma si è appassionato alla causa e quindi non si limita a far quadrare i conti. Seleziona il personale; coordina le attività riabilitative, accoglie i visitatori. Come l’ultima famiglia, partita dal Tesino, per salire a Coredo a vedere la struttura, comprenderne la filosofia e capire se potrebbe essere il luogo adatto per aiutare il figlio ad acquisire almeno un po’ di autonomia.

«Dopo i 18 anni - spiega Coletti - per questi ragazzi non c’è più nulla, fatta eccezione di qualche lavoretto in laboratori protetti. Ma la preoccupazione di ogni genitore è sempre la stessa: “Quando noi non ci saremo più, chi si occuperà dei nostri figli?”È a questa domanda che cerchiamo di dare una risposta: si può fare molto per i soggetti autisti, purché il problema venga riconosciuto prima possibile. Purtroppo in Italia la diagnosi viene fatta spesso troppo tardi, quando le capacità di recupero sono ridotte. Capita che i pediatri davanti a certi comportamenti del bambino, prendano tempo prima di emettere il “verdetto”, da una parte perché si spera che il problema si possa risolvere e dall’altra perché in Italia non ci sono strutture che si prendano in carico il soggetto autistico nel suo complesso, affrontando la questione in maniera multidisciplinare».

La realtà virtuale. Il primo obiettivo del Centro è quello di essere un luogo in cui i ragazzi possano sentirsi a casa. Di qui l’attenzione con cui è stato realizzato ogni particolare. Dagli arredi costruiti da artigiani locali - tavoli e sedie con gli spigoli “protetti” , divani fatti con materiali che si possono anche mordere - alla palestra finanziata dai Lions, alla stanza multisensoriale interattiva costruita con i fondi messi a disposizione dai Rotary del Trentino. Un gioiellino di tecnologia dove con un click sul tablet si possono creare trecento realtà virtuali diverse. Serve ai soggetti autistici, ma non solo a loro, per smorzare l’ansia che spesso li attanaglia quando si trovano ad interagire con persone in carne ed ossa. Ma al tempo stesso grazie alle applicazioni interattive possono giocare e imparare attraverso il cavallo virtuale che corre e nitrisce accanto o al delfino che nuota nel mare dove sono immersi; ma si possono cimentare anche alla batteria in quella stanza fatta di luci led, colori, suoni e musiche. Oltre ai laboratori di falegnameria, pittura, cucina i ragazzi potranno imparare a coltivare gli ortaggi nelle grandi vasche installate nel giardino o negli orti creati vicino al Centro. La speranza è che grazie a percorsi di crescita educativi e riabilitativi, possano sviluppare le abilità cognitive e sociali, imparare a relazionarsi con gli altri per raggiungere il massimo di autonomia possibile e inserirsi in maniera “protetta” nel mondo del lavoro. «Nella mia azienda - dice Coletti - ho alcune persone che soffrono di questa sindrome. Mi piacerebbe che altri ragazzi avessero quest’opportunità».

Un vulcano di idee. Nelle lunghe notti passate sveglio assieme a Martina e Roberta, Coletti elabora sempre nuove idee. Diverse ma con un unico scopo: consentire ai soggetti autistici di uscire dall’isolamento, nel quale questo tipo di disturbo tende a confinarli, creando per loro delle opportunità lavorative che siano anche economicamente sostenibili. «Perseguire i sogni molte volte - dice l’imprenditore - porta alla loro realizzazione».

Questa scritta l’ha voluta all’ingresso di Casa Sebastiano che ne è la conferma.













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