In Alto Adige sempre più contratti di lavoro “precari”

A Bolzano il congresso di Nadil/Cgil: «Penalizzati i giovani, le donne e gli immigrati»



«Esiste una parte di popolazione che, pur lavorando regolarmente, percepisce un reddito inferiore alla soglia di povertà e in Alto Adige il numero dei working poor, secondo i dati dell’Agenzia per lo sviluppo sociale ed economico, è quadruplicato tra il 2005 e il 2012, in cui erano 2.400». Questo è solo uno degli argomenti affrontati da Silvia Grinzato, riconfermata coordinatrice di NIdiL/Cgil, categoria che si occupa dei precari, durante il congresso provinciale, che si è tenuto a Bolzano alla presente del nazionale Simone Marinelli. Per Grinzato, anche quello del “lavoro povero” è un fattore di precarizzazione largamente diffuso in Alto Adige, dove il costo della vita è relativamente alto, che costringe ad appoggiarsi a sussidi pubblici per integrare le proprie entrate. «Si tratta di un problema di scarsa qualità del lavoro e che espone al rischio povertà soprattutto donne, che più spesso hanno contratti part-time, giovani e migranti», ha precisato Grinzato.

Barbara Saccenti dell'Ufficio vertenze della Cgil

«Il terzo congresso della nostra categoria – ha affermato la coordinatrice - si apre in un contesto che non è dei più favorevoli: la precarietà è divenuta un dato strutturale, caratteristico del nostro tempo, al quale opponiamo resistenza cercando dei rimedi quasi sempre di tipo parziale e difensivi».

Quella degli atipici è, infatti, una realtà trasversale a tutti i settori,che anche in provincia di Bolzano coinvolge un numero non trascurabile di lavoratori di diverse estrazioni sociali, età e profili professionali: nel periodo tra maggio e ottobre 2013, ad esempio, circa 1.000 persone, di cui la metà stranieri, hanno lavorato con contratti di somministrazione. Tra gli aspetti critici di questo tipo di contratto, c’è quello delle mancate stabilizzazioni: «La clausola – ha spiegato Grinzato – che imponeva alle agenzie l’assunzione a tempo indeterminato dopo 42 mesi di missioni a termine, si è trasformata in un boomerang, perché molti lavoratori “usati”, prossimi ai 42 mesi di anzianità, sono stati rimpiazzati con altri”.

In alcuni settori, come nella sanità provinciale, si è creata una situazione paradossale: “La nostra specificità di provincia autonoma, in cui la bilinguità del personale pubblico è giustamente garantita attraverso particolari norme, sta causando un'ecatombe di precari con contratti d'opera fintamente autonomi: ingaggiati a centinaia per colmare le carenze di organico del passato, si vedono progressivamente sostituiti da nuovi laureati in possesso dei requisiti di accesso ai concorsi, senza poter contare su alcun ammortizzatore sociale», così la coordinatrice di NIdiL/Cgil.

A questi dati si aggiungono forme di lavoro non contrattualizzate, come le collaborazioni occasionali, il lavoro accessorio e le finte partite Iva: «Al di fuori del pubblico, il fenomeno delle false partite Iva, annidato in piccole aziende e negli studi professionali, è molto difficile da quantificare; ma anche in questi casi parliamo di orari impossibili, autonomia inesistente e modalità di lavoro che poco hanno a che fare con la libertà di scelta e con il vero lavoro autonomo»+, ha detto Grinzato.

Le poche novità positive riguardano la stretta sui contratti a progetto e i deterrenti imposti dalla riforma Fornero sui contratti a chiamata: i dati locali sull’occupazione mostrano infatti come tali contratti siano diminuiti a seguito della nuova regolamentazione, rispettivamente -20,4% e -41,7% nel periodo maggio-ottobre 2013, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, in cui avevano raggiunto cifre ragguardevoli (4.670 contratti a progetto e oltre 8.000 contratti a chiamata).













Altre notizie

Attualità