In centinaia ai funerali «Ciao don Giancarlo»

Chiesa gremita e tanta commozione per il fondatore de “La Strada” Autorità e soprattutto gente comune alla quale aveva ridato la speranza


di Antonella Mattioli


BOLZANO. Sulla bara semplicissima di legno chiaro la Bibbia e un ramo di palma: don Giancarlo Bertagnolli, che nella vita come nell’uomo ha sempre cercato l’essenziale, non voleva corone. E così è stato. Il fondatore de “La Strada-Der Weg” - l’associazione fondata nel 1977 tra mille ostilità per aiutare i tossicodipendenti - che se n’è andato la notte di Natale all’età di 81 anni, è stato salutato ieri da centinaia di parenti, amici, collaboratori, volontari e soprattutto dalle tante persone che, grazie a lui, sono riuscite a rimettere assieme i pezzi di un’esistenza distrutta dalla droga, dall’alcol o più in generale dalla fatica di vivere. Questo spiega la grande commozione nel momento dell’addio.

L’amico. All’inizio della missione di sacerdote, nel 1959, aveva scelto di stare accanto agli ultimi. Seguendo le orme di don Luigi Ciotti, il fondatore del “Gruppo Abele” di Torino, l’amico di una vita, incontrato “sulla strada”, che domenica scorsa è venuto a trovarlo per l’ultima volta alla Clinica Santa Maria, dove era ricoverato da un mese. E ieri, assieme ad una quarantina di sacerdoti che hanno celebrato la messa con il vescovo Ivo Muser, don Ciotti - costretto a vivere sotto scorta e questo spiega la presenza di forze dell’ordine - era nella chiesa di Regina Pacis.

«Don Giancarlo - ha detto don Michele Tomasi, vicario generale, che ha celebrato l’omelia - avrebbe sicuramente voluto che la messa venisse celebrata nella chiesa della Visitazione, perché accanto c’è la sede de “La Strada-Der Weg”, ma non era possibile». Troppo piccola per accogliere tutti. Regina Pacis era gremita: mai vista tanta gente, moltissimi coloro che sono rimasti in piedi. In prima fila le autorità: dal sindaco Luigi Spagnolli agli assessori comunali, al sindaco di Fondo (paese d’origine di don Bertagnolli, dove martedì verrà sepolto) Remo Bonadiman, al vicepresidente della Provincia Christian Tommasini, ma c’era soprattutto la gente comune che don Giancarlo, don Geki per amici e conoscenti, ha conosciuto e aiutato lungo la strada della vita “irta - come ha ricordato l’ex sindaco Giovanni Salghetti Drioli - di sofferenze ma anche di gioie”. Dalla Val Badia è arrivato un gruppetto di fedeli che hanno cantato in ladino davanti alla bara.

L’uomo. Il vescovo Muser, ringraziando don Bertagnolli, ha ricordato l’ultimo incontro: «Era il 30 ottobre e, con una voce flebile, mi ha detto “ me ne vado a Natale”. Per me questo è un segno della provvidenza divina per un sacerdote che ha visto in ogni bisognoso la presenza di Dio». Un concetto questo ripreso anche da don Tomasi, che ha scelto per l’omelia il Giudizio finale del Vangelo secondo San Matteo. Un testo che per don Geki ha rappresentato una sorta di faro: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi».

«Lui - ha detto don Tomasi - si è identificato in pieno in queste parole e le ha attuate con l’impegno quotidiano a favore di tossicodipendenti, alcolisti, poveri».

La strada. Alla fine della messa il saluto di don Ciotti: «La strada che è stata la sua maestra ci ha fatti incontrare negli anni Settanta e ci ha insegnato a mettere al centro di tutto la persona con la sua originalità e la sua irripetibilità. Ognuna è una storia. Don Giancarlo ha saputo saldare terra e cielo».

Commosso il saluto dell’ex sindaco Salghetti che lo aveva conosciuto 40 anni fa, ai tempi dell’impegno del sacerdote all’interno dell’Azione cattolica. «Un’amicizia la nostra che non si è mai interrotta», e che è proseguita con la presenza anche dell’ ex primo cittadino all’interno del consiglio d’amministrazione de “La Strada”. Salghetti ha ricordato l’inizio del servizio sacerdotale di don Giancarlo come cappellano a Bronzolo: «Anni di cui parlava con grande nostalgia». Poi la chiamata a Bolzano come assistente dei giovani dell’Azione cattolica e l’impegno sempre più forte nel sociale. «È stato il contatto quotidiano con i giovani, anche come catechista alle scuole professionali e all’Iti, a fargli avvertire i primi segnali del disagio al quale più di un suo ragazzo rispondeva con la droga. Non poteva accettarlo ed è per questo che ha fondato “La Strada”. In questi anni si è fatto carico della disperazione e della solitudine di genitori, figli e nonni, aiutandoli a vedere la luce in fondo al tunnel».

Il testamento. Da Firenze è arrivato anche Eugenio Castelli che, giovane brigadiere in Valle di Non, tanti anni fa aveva conosciuto don Giancarlo e ne era nata una bella amicizia che si è conservata nel tempo: ha ricordato la devozione del sacerdote per la Madonna che lo portava spesso ad andare a pregare al santuario di Senales e a quello di Pietralba.

Il compito di leggere il testamento spirituale del fondatore de “La Strada” è toccato a don Giuseppe: il testo è stato scritto il 15 novembre del 2008, al compimento dei 75 anni. Ringrazia Dio per i doni ricevuti: il sacerdozio, i 14 anni all’interno dell’Azione cattolica, ricordati come i “più belli e sereni”, la sorella Camilla che gli è sempre stata accanto ed è morta come lui la vigilia di Natale di tre anni fa, la possibilità di aiutare tanti giovani, l’affiancamento a sacerdoti come i vescovi Gargitter ed Egger, don Ciotti e don Benzi.

Quando la bara esce dalla chiesa accompagnata anche da Otto Saurer, l’ex assessore provinciale oggi presidente de “La Strada”, si leva un lungo applauso: quello che don Giancarlo ha seminato continuerà a fiorire.













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