I prezzi

L’allarme dei costruttori: cantieri pubblici a rischio 

Vittorio Repetto: «La revisione del prezzario provinciale non basta». Per questioni di budget Comune e Provincia saranno costretti a limitare il numero dei bandi



BOLZANO. Il suo prossimo cantiere è esemplare, nel senso che è diventato lo specchio di tutte le crisi. Il Polo bibliotecario sta nelle peste da sempre, tra ritardi nei progetti (all’inizio), fallimenti del primo assegnatario e revisione in corsa del bando (alla fine). Ma adesso si trova anch’esso dentro la tempesta perfetta: prima la pandemia, ora l’esplosione dei costi.

«E infatti con la Provincia si sta studiando come rivedere l'intero impianto del budget» conferma Vittorio Repetto, che sta nella cordata a cui è stata aggiudicata la costruzione dell'infrastruttura dopo il cedimento di Condotte. Ora osserva l’ultima iniziativa di palazzo Widmann per tamponare la desertificazione dei bandi per via dell'inadeguatezza della cornice dei prezzi, con l’occhio di chi ne verifica la rispondenza soprattutto nel quotidiano degli altri suoi piccoli cantieri, da quelli stradali a quelli immobiliari.

E dice: «Era un atto dovuto. Importante, certo. Ma lo Stato non poteva fare altro che chiedere agli enti locali di muoversi. Dunque prevedere un aumento medio del 20% è meglio che nulla, ma la tabella agisce su poco più di 50 tipologie di materiali. Alcuni restano fuori». Uno tra tutti, ad esempio, il ferro. Che costituisce una delle fondamenta di ogni infrastrutturazione. Ebbene l’incremento dei costi tocca in alcune circostanze l'80% del prezzo di solo qualche mese fa.

«Le offerte dei materiali valgono soltanto per un paio di giorni», conferma sul fronte della committenza pubblica Stefano Rebecchi, architetto e funzionario in Comune, «ed è comprensibile che in queste situazioni il margine di rischio anche per le piccole imprese, pur non nella necessità di programmare a lungo termine, sia aumentato a dismisura».

Da qui la desertificazione dei bandi. E da qui l’iniziativa di Arno Kompatscher, che ha inteso agire sui prezzi, adeguando i costi in pendenza di aggiudicazione delle opere. Ma la questione non pare chiusa. La prima ragione è che le fluttuazioni non sono terminate. La guerra continua, le forniture vanno a singhiozzo, i costi dei carburanti per trasportarle non scendono e non è prevedibile quando la tempesta si placherà. La seconda è che sono soprattutto le piccole imprese a rischio stallo, perché non hanno la massa critica per compensare con nuove aggiudicazioni la frenata delle vecchie. Infine per una questione di conti.

«Facciamo che si ha un budget di un miliardo per condurre in porto dieci cantieri. Ora, integrazione o meno del prezzario da parte della Provincia», argomenta Repetto, «il risultato sarà che con la stessa cifra invece di dieci cantieri se ne faranno otto, se non sette».

Insomma, da qualche parte occorrerà tagliare, perché gli investimenti programmati non sono estensibili oltre un certo margine. E qui, lo scenario si allarga. Perché sarà lo stesso ente pubblico a dover rinunciare ad una buona percentuale di opere programmate. Se il denaro si spende per integrare i costi delle imprese e non mandare deserti i bandi significa che, Piano nazionale di resilienza o no, mancherà da qualche altra parte. Dunque non rischieranno le infrastrutture poste a bilancio nel 2020, ma sicuramente quelle del 2021 o di questo stesso anno.

«Dovremo certamente rinunciare a qualcosa di quello che abbiamo immaginato di fare» ammette il sindaco Renzo Caramaschi. «E noi imprese», aggiunge Repetto, già a capo della Cassa edile, «avremo meno bandi cui aderire in futuro». Cosa si potrà dunque fare, al di là della iniziativa presa da Palazzo Widmann sull'adeguamento in corsa dei prezzi dei materiali? «Gli enti pubblici dovranno avere la capacità di risparmiare su altri fronti», conclude Repetto, «perché da questa crisi si potrà uscire solo insieme. Occorrerà razionalizzare la macchina burocratica, la Provincia dovrà privilegiare gli ambiti di investimento che producono occupazione e Pil, come appunto le infrastrutture e le opere pubbliche, rinunciando ad altre voci o a finanziamenti a pioggia».

Ecco dunque il punto: bene l’ultimo provvedimento, ma prepariamoci a mesi di magra, anche sul piano programmatico se il "sistema" e dunque il rapporto pubblico-privati non si renderà reciprocamente più flessibile con una sostanziosa rimodulazione delle voci di spesa. P.CA.













Altre notizie

Attualità