L’avvocato Carriere «Tempi lunghissimi sì al divorzio breve»

A 40 anni dal referendum, l’esperienza della professionista «Se una storia è finita, è difficile rimettere assieme i pezzi»


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Il principio, ovviamente, mi sta bene, ma già nel 1974 quando si è votato per il referendum che puntava a cancellare il divorzio, sostenevo che questa è una legge fatta male». Iscritta all’albo dal 1977, l’avvocato Maria Carmela Carriere ha seguito tantissime cause di divorzio. «Ciononostante credo nel matrimonio e ritengo sia un istituto che va disciplinato, ma non tutelato come avviene oggi in Italia. Spetta alle persone tutelare un’unione».

Lei è critica per via dei tempi.

«È assurdo e anacronistico che si debbano attendere tre anni (prima erano cinque) tra la separazione e il divorzio».

Adesso si torna a parlare di divorzio breve da ottenere in 6 o 12 mesi dalla separazione.

«Sono comunque troppi. Il divorzio si deve ottenere immediatamente. In questo modo si eviterebbe che gli ex coniugi si presentino due volte davanti al giudice e si paghi due volte l’avvocato».

Nella sua esperienza quante volte persone che si erano separate hanno poi fatto marcia indietro prima di arrivare alla sentenza di divorzio?

«Quattro-cinque casi. Non di più. E di questi, due-tre, a distanza di qualche anno, hanno divorziato comunque. Uno dei motivi dei ripensamenti è rappresentato dai figli».

Qualche caso?

«Ricordo anni fa stavo seguendo una separazione giudiziale, quando mi arriva in studio la signora con la figlia di otto anni. La bimba mi disse che la mamma voleva restare con il suo papà, ma era preoccupata del fatto che io potessi prendermela. Ovviamente, la rassicurai, spiegandole che ero contenta che la crisi fosse rientrata: mi regalarono un angelo di Thun in formato gigante».

Questa è una di quelle coppie che è riuscita a rimettere insieme i cocci?

«Sì, ma solo per qualche anno. Poi hanno divorziato».

Rispetto a 44 anni fa, quando è stata introdotta la legge sul divorzio, per i figli cos’è cambiato?

«È sempre un trauma. Quello che è cambiato è semmai l’atteggiamento della società: prima i figli di divorziati erano mosche bianche, oggi sono la normalità».

Una separazione particolare di cui si ricordi?

«Quella di due giovani, entrambi Testimoni di Geova. Lei decise di separarsi dopo tre mesi, lui era contrario per una questione di credo. Mi colpì perché seguì la causa come se riguardasse un altro. Avrebbe preferito restare sposato anche se non c’era più il vincolo matrimoniale».

Le principali cause di separazione?

«In genere per l’uomo c’è di mezzo una nuova relazione. Succede spesso ad una certa età. Rifiutando l’idea di invecchiare, l’uomo va alla ricerca di “insalata fresca”, per illudersi di essere ancora giovane. Per quanto riguarda la donna invece, subentra l’insofferenza per la vita scapestrata del marito o semplicemente non sopporta più il carattere del compagno».

Ci sono anche i recidivi.

«Ho seguito alcuni casi, in cui si sono sposati tre volte e separati altrettante».

In genere ci si separa senza farsi la guerra?

«Poche volte. Capita quando le entrate per entrambe le parti sono più che sufficienti o sono talmente poveri per cui non c’è nulla da spartire».













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