La bellezza dell’Africa nelle fotografie di Menegon

Fino al 19 maggio alla Galleria FotoForum di Bolzano la mostra con le immagini soprattutto in bianco e nero realizzate in 15 anni di viaggi


di Daniela Mimmi


BOLZANO. Il prefisso tedesco Ur sta a indicare il passato, l’ancestralità. La poesia invisibile è quella, impalpabile, della fotografia. Si intitola proprio “Ur. La poesia invincibile”, la mostra delle fotografie di Michele Menegon che resterá aperta fino al 19 maggio al FotoForum di Bolzano. Inoltre, il 10 maggio alle ore 20, Menegon parlerà delle sue innumerevoli imprese e avventure, soprattutto in Africa, al Museo di Scienze Naturali, in via Bottai, a cui seguirá la visita guidata della mostra. Sono 30 gli scatti di Menegon esposti, soprattutto in bianco e nero, tutti riprodotti in grandi dimensioni.

Il percorso degli spettatori è accompagnato dai suoni composti appositamente dal chitarrista e compositore bolzanino Mauro Franceschi e da lui eseguiti insieme a Tiziana a Sottovia al violino. «Non sono musiche descrittive – spiega Franceschi – ma piuttosto dei rumori, costruiti tutti su quattro suoni e quattro note, sol re, la e mi, che riproducono i quattro elementi». Grande innamorato dell’Africa, della natura e degli animali (soprattutto dei rettili e anfibi) Menegon lavora presso il Museo delle Scienze di Trento e, da più di 15 anni, si occupa di ricerca e conservazione nelle foreste montane dell’Africa Orientale, in collaborazione con alcune tra le più importanti agenzie internazionali di conservazione della biodiversità, tra cui Wildlife Conservation Society e Conservation International.

Inoltre collabora con diverse agenzia fotografiche, con quotidiani e riviste in tutto il mondo e continua a fotografare prima di tutto per passione. Soprattutto in Africa, Menegon ha il privilegio riservato a pochi di entrare in zone in cui i turisti non esistono e dove spesso ben pochi piedi bianchi le hanno calpestate. Per la foto del poster della mostra e del catalogo pubblicato da Bertelli, Menegon ha scelto lo sguardo penetrante e dolce di un grande gorilla. «È un gorilla orientale di pianura – afferma il fotografo - un animale piuttosto raro e timido. Io sono riuscito a vederlo e fotografarlo perché mi hanno accompagnato da lui due pigmei. Era alto quasi 2 metri e pesava sui 200 chili. Cos’ho pensato quando l´ho visto? Che ci assomigliano molto».

Quanto alla scelta del titolo particolare di questa mostra, spiega Menegon: «Il prefisso “Ur” di origine proto-germanica, attribuisce il significato di “ancestrale”, “primordiale” al vocabolo a cui è accompagnato. Il termine ha identificato anche il nome del continente più antico, che si ipotizza si sia formato circa 3 miliardi di anni fa e, nella teoria del fisico C.F. von Weizsäcker, l’informazione quantistica minima ovvero la particella originale. L’amore per l’Africa ce l’ha sempre, dentro. «Credo di averlo sempre avuto, prima di cominciare ad andarci. Già da piccolo leggevo e guardavo tutto quello che potevo sull’Africa. In 15 anni ci sono andato una trentina di volte e ci resto per parecchi mesi. Per me è come arrivare a casa: vedo i soliti amici, parliamo al bar. Come qui, solo che là sono in Africa. Non è più pericolosa di tanti altri posti, se ci muove con circospezione e cautela. Sono ben conscio di avere intorno e vicino a me, dietro qualche cespuglio, leopardi, bufali o serpenti. Ma devo dire che non è mai successo niente. Quando hai conosciuto l’Africa l’unico desiderio che riempie le tue giornate è quello di tornarci…».

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