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La diagnosi corre su WhatsApp. Le pediatre ai genitori: attenti 

Salute. Leuzzi (Fimp): «La telemedicina deve seguire canali sicuri, le applicazioni di messaggistica non lo sono» Emanuela Pedevilla: «Ogni consiglio dato tramite questo sistema non può assolutamente sostituire la visita medica»


valeria frangipane


BOLZANO. «Papà, mamme, nonni... fermate quelle dita impazzite. Smettetela di chiedere ai pediatri per messaggio "Potrebbe essere questa o quella malattia?" Al meccanico i problemi della macchina li spiegate per messaggio?». Carolina Casini, pediatra di Croce Rossa famosa sui social, dice no al teleconsulto con un post. «I vostri figli sono importanti, lasciateceli visitare, l’esame clinico è l’unica cosa ancora impossibile da automatizzare. Più diventeremo brave e bravi e meno vi risponderemo, se non abbiamo davanti il paziente». Uno sfogo targato “Pillole di pediatria”, rilanciato sui social da Fimp Alto Adige - la Federazione dei medici pediatri - con le specialiste Rosalba Leuzzi, della segreteria provinciale ed Emanuela Pedevilla della vice segreteria, che fissano i paletti. «Invitiamo i genitori ad un uso moderato dei messaggini: sempre ricordando che non possono in ogni caso sostituire la visita».

Leuzzi: «Messaggi e vocali non sono telemedicina»

«Noi pediatri - dice Rosalba Leuzzi - come del resto i medici di famiglia, siamo quotidianamente impegnati in un’attività intensa e complessa: visite in presenza per patologie acute e croniche, visite preventive, consulenze telefoniche, vaccinazioni, prescrizioni, certificazioni di ogni genere. E il tempo da dedicare alla valanga di messaggi che riceviamo ogni giorno - via mail o whatsapp - non è molto. Rispondere puntualmente e correttamente senza commettere errori a richieste di diagnosi su immagini sfocate di bolle, pannolini, tonsille, valutare video disturbati, messaggi vocali di venti minuti con rumori di tosse, singhiozzi, ruttini, non è facile. L’attività di telemedicina - che dopo il Covid ha avuto un impulso importante - va programmata ed è complessa. E non si riduce ad un sms. Va utilizzata per monitorare il paziente cronico o valutare se la situazione è grave e necessita di una valutazione immediata. Ma deve seguire canali sicuri - e whatsapp non lo è - e essere utilizzata nel pieno rispetto della privacy. In ogni caso non può sostituire l’esame clinico diretto da parte del medico per una valutazione approfondita».

Pedevilla: «Whatsapp non sostituisce la visita»

Per Emanuela Pedevilla è realtà di fatto che al momento whatsapp sia a tutti gli effetti strumento di comunicazione sempre più utilizzato da medici e pazienti.

«Nell’ambito di questa pratica è assolutamente necessario però che i medici chiariscano ai pazienti che ogni consiglio dato tramite questo sistema di messaggistica non può assolutamente sostituire la valutazione clinica completa in un setting idoneo: la visita medica. Una volta ribadito che la visita e il confronto de visu tra medico e paziente sia un atto assolutamente irrinunciabile può essere fatta una breve considerazione. Forse - infatti - dobbiamo chiederci tutti se l’utilizzo così ampio di questo sistema di messaggistica che è così semplice e rapido non sia una necessità dei pazienti, ma anche dagli stessi medici per sorpassare alcuni ostacoli legati alla burocrazia. Quello che è certo è però che questo strumento di relazione ha grandi problemi di privacy. Non rispetta la direttiva europea del Garante e le leggi nazionali sul trattamento dei dati sanitari sensibili. Ma va anche detto - nell’ambito di una relazione consolidata e di fiducia tra medico e medico - che la comunicazione digitale potrà e dovrà costituire uno strumento per il futuro in più. Perché la telemedicina, la cui validità è sostenuta dal ministero con specifiche linee di indirizzo nazionali, sarà molto probabilmente la risposta a tutti questi bisogni».

I genitori: «Spesso non esiste via d’uscita al messaggino»

Alcuni genitori spiegano che spesso non hanno via d’uscita: «Per chi ha un bimbo nella fascia d'età 0-6 anni la scelta del pediatra non è certo facile. C’è chi arriva a cambiarlo anche un paio di volte nei primi anni di vita del piccolo o si orienta sul privato (se può permetterselo e non sopporta l’attesa)». A Bolzano in particolare, racconta un genitore, «non è facile trovare uno specialista che riceva regolarmente in caso di necessità e in tempi ragionevolmente brevi. Con diversi medici lo scambio di informazioni avviene, la maggior parte delle volte, via mail o con i messaggini, perché le attese possono essere lunghe anche per casi non banali. Questa è la realtà di tutti i giorni. altra cosa è il rapporto tra pediatra e paziente che esiste in periferia, dove farsi visitare è decisamente più facile e meno burocratico».

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