La giunta comunale insiste 300 profughi via dalla città

Caramaschi: la Provincia promette da sei mesi, ora è la volta di agire in fretta In Municipio in un anno 34 discussioni in aula incentrate solo sui migranti


di Davide Pasquali


BOLZANO. Secondo lo Stato, Bolzano dovrebbe ospitarne al massimo 350. L’amministrazione provinciale fisserebbe come tetto la quota di 475. In realtà, attualmente in città i profughi sono almeno 745 e coi previsti nuovi arrivi si dovrebbe giungere in breve a toccare quota ottocento. Troppi, almeno secondo la giunta comunale, tanto che il sindaco Renzo Caramaschi e l’assessore alle politiche sociali Sandro Repetto chiedono con forza che la città venga alleggerita almeno di trecento unità. E si chiede, soprattutto, che la Provincia metta in campo strategie se non di lungo almeno di medio periodo. Perché sistemate queste centinaia di persone, ne arriveranno di sicuro altre. E non solo il capoluogo può e deve farsene carico.

Oltre alle promesse, i conti in questo caso la fanno da padroni. A inizio ottobre, ossia oltre sei mesi fa, la Provincia aveva garantito lo smistamento di 350 richiedenti asilo in altri centri abitati, più o meno in periferia. Ora come ora, però, se ne sono allontanati soltanto poco più di un centinaio: una quarantina a San Candido, altrettanti a Lana, 25 a Renon. Giovedì, in prefettura, la Provincia ha garantito: cento profughi via dal capoluogo entro una ventina di giorni.

«Finché non vedo non credo», chiosa lapidario Caramaschi. «Anche se questa volta pare si sia sulla strada buona».

Il primo cittadino si augura che al massimo per giugno si siano sistemati tutti i profughi di cui si sta parlando: 40 a Ora, altrettanti a Silandro, 60 a Laives, 45 a Lana e 60 a Bressanone.

Ora e Silandro dovrebbero essere pronti a breve, qualche lungaggine in più a Laives. Per Lana si è appena firmato il contratto. Quello che manca, a detta dei rappresentanti bolzanini, è questo: pare non si stia pensando a soluzioni per il futuro, come se il problema fosse esaurito così. Bolzano sta facendo il suo, tanti altri molto meno, qualcuno non ne vuole proprio sapere, come Corvara in Badia. Il sindaco di Bolzano Renzo Caramaschi ripete il suo mantra: «Al Consorzio dei Comunil più volte ho chiesto, ho domandato. Non mi hanno mai risposto. Tutti molto cattolici e credenti, ma finita la messa pare dimentichino cosa significhi la solidarietà». In Badia, «che danno porterebbe alla valle la presenza di dieci profughi? Striderebbero col candore della neve?»

A Bolzano, intanto, la situazione è incandescente. «Non si possono ospitare duecento persone in una singola struttura. Diventa per forza una pentola a pressione. Anche per questa gente, se Bolzano si alleggerisce un po’, le condizioni di vita miglioreranno. Sono diversi per lingua, cultura, religione, tradizioni. La convivenza è per forza difficile».

E che a Bolzano la situazione sia al limite, viene testimoniato da un conto effettuato di persona dal sindaco Caramaschi: «Da quando sono stato eletto, in consiglio comunale, fra mozioni interrogazioni e discussioni in base all’articolo 31, ci siamo arenati parlando di profughi 34 volte».

«Ci deve essere una continuità negli interventi», chiosa l’assessore Sandro Repetto. «Non si capisce per quale motivo Bolzano sia diventato un centro di transito, che deve gestire tutta questa situazione fluida, questa concentrazione di richiedenti asilo, senza il supporto del resto dei Comuni. Nell’ultima riunione del comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica sono rimasto piuttosto deluso. Pare non ci sia la volontà di trovare altre sistemazioni, per lo meno non con la forza e la continuità che sarà necessaria anche per il futuro. Si va avanti troppo a singhiozzo».

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