La moglie non lo fa seppellire da 45 giorni

Da oltre un mese e mezzo la salma dell'architetto Gianni Lorenzi, per anni tra i professionisti più noti in città, non riesce ad avere degna sepoltura


Mario Bertoldi


BOLZANO. Da oltre un mese e mezzo la salma dell'architetto Gianni Lorenzi, per anni tra i professionisti più noti in città, non riesce ad avere degna sepoltura. La moglie del professionista (che era stata lasciata alcuni anni fa ed è stata esclusa dal testamento) non dà il nulla osta. A parenti ed amici più stretti l'architetto avrebbe espresso il desiderio di essere cremato ma la moglie, che gli è rimasta accanto sino al 2005, sostiene esattamente il contrario e cioè che il marito mai avrebbe espresso una simile volontà. Anzi, in più occasioni - sostiene la moglie - il professionista avrebbe espresso la volontà di essere sepolto.

Nei giorni scorsi alcuni amici (il consigliere provinciale Donato Seppi ed il direttore dell'Hotel Città Matteo Natidio) oltre agli unici due parenti in vita (la cognata ed il nipote) hanno inviato una lettera appello al sindaco Luigi Spagnolli affinchè intervenga per disporre la cremazione della salma dell'architetto scomparso per una grave malattia il 6 dicembre scorso. In realtà da circa 45 giorni il corpo è custodito nelle celle frigorifere del cimitero di Oltrisarco.

La moglie Rita, cui spetta la decisione, per il momento sembra irremovibile: nessuna sepoltura e nessuna cremazione. Il sindaco ha risposto alla lettera dichiarandosi sostanzialmente incompetente. La vicenda è già nelle mani degli avvocati ed il contenzioso si annuncia ancora lungo. L'architetto Lorenzi era sposato con Rita Chiriva Internati. Quando la coppia decise di separarsi (nel 2005) scoppiò una guerra legale senza precedenti.

La signora Internati impugnò con querela di falso l'atto di matrimonio accusando il marito (ed anche il sacerdote dell'epoca) di aver falsificato l'attestazione con cui la coppia optava per il regime della separazione dei beni. Una battaglia legale che si concluse con la sconfitta della moglie dell'architetto. La donna andò a vivere a Sirmione ottenendo un assegno di mantenimento di 2500 euro al mese (in seguito ridotto dal giudice Pappalardo a 1500 euro). Troppo pochi per la signora Rita che rivendicava il diritto di avere una parte del patrimonio del marito. A seguito del contenzioso, la separazione (ufficializzata con un'ordinanza provvisoria del giudice civile) non fu mai stabilita in via definitiva, tantomeno il divorzio.

Ecco perchè oggi è ancora lei a cui spetta l'ultima disposizione in materia di sepoltura del coniuge. Il quale però, prima di passare a miglior vita, ha lasciato un testamento nel quale dispone che tutti i propri beni (tra cui due lussioni appartamenti in centro città) vengano ereditati esclusivamente dall'ultima compagna della sua vita, una donna colombiana di nome Luna Elisabeth Rodriguez. La signora Rita si è dunque trovata esclusa dalla successione. Per la legge è però sempre la moglie e spetta a lei decidere sulla salma.

La donna colombiana (che è assistita dall'avvocato Fabrizio Francia) ha chiesto che venga cremata (anche per permettere il deposito delle ceneri nella tomba di famiglia), la signora Rita si oppone affermando che in realtà suo marito le aveva sempre espresso la volontà di essere sepolto e tiene bloccata la salma in una cella frigorifera del cimitero di Oltrisarco, con una spesa di 13 euro al giorno. La signora Rita (difesa dagli avvocati Biasetti e Nettis) si appresta tra il resto ad impugnare il testamento per un'«azione di riduzione» delle quote testamentarie in grado di riconoscere la sua parte legittima.













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