Il caso

La nuova vita dei “sospesi” con l’ombra del lavoro nero 

In Alto Adige, al momento, sono circa un migliaio i sanitari a casa senza stipendio fino alla fine dell’anno. C’è chi dà fondo ai risparmi o può contare sullo stipendio del coniuge. Qualcuno si licenzia e cambia completamente settore


Antonella Mattioli


BOLZANO. In Alto Adige al momento sono circa un migliaio - ma il numero è provvisorio, perché ce ne sono altrettanti per i quali le procedure sono in corso - i sanitari sospesi dal lavoro e dallo stipendio fino a fine dicembre, perché rifiutano la vaccinazione. Obbligo previsto dal decreto Draghi di aprile e ancora prima dal buonsenso, visto che non è neppur pensabile che un sanitario non vaccinato possa rischiare di infettare il paziente bisognoso di cure.

Nell’elenco dei mille sanitari sospesi ci sono medici, ostetriche, psicologi, fisioterapisti, infermiere oltre ad operatori socio-sanitari (Oss) e operatori socio-assistenziale (Osa). Ma come fanno in particolare coloro che hanno le retribuzioni più basse a tirare avanti senza stipendio, in una delle province con il costo della vita più alto d’Italia?

L’ombra del lavoro nero

«Daranno fondo ai risparmi - ipotizza Toni Serafini, segretario della Uil -; qualcuno potrà contare sullo stipendio del coniuge o del compagno. Chi abita nelle valli magari ha il maso; in città si tira cinghia e in qualche modo si va avanti. Non escludo che qualcuno possa fare qualche lavoretto in nero».

Magari andando a domicilio ad assistere persone anziane, esponendole al rischio di contagiarle. In realtà, chi opera nel settore dice che neppure i no-vax vogliono badanti non vaccinate.

Ma dopo che nelle case di riposo altoatesine - proprio a causa di sospensioni e quarantene dei sanitari - sono stati tagliati 700 letti, è diventato di fatto impossibile trovare un posto per una persona non più autosufficiente. Non è quindi da escludere che non avendo alternative, ci siano famiglie che si rivolgono a qualche sanitario sospeso, per fronteggiare l’emergenza.

Il quadro è variegato: c’è chi è senza stipendio da luglio; altri lo sono da poche settimane; altri ancora stanno lavorando e sperano che la lettera con le contestazioni dell’Asl arrivi il più tardi possibile.

Tutti si sono organizzati avendo come orizzonte il 31 dicembre, quando dovrebbe scadere il decreto Draghi. Previsione molto probabilmente sbagliata a fronte del peggioramento della pandemia.

Stop ai contributi provinciali

«Quasi sicuramente - dice Cristina Masera, segretaria della Cgil - l’obbligo di vaccinazione per i sanitari e di Green Pass per tutti gli altri lavoratori, verrà prorogato per altri mesi. A quel punto sarà dura, resistere ancora. Credo che almeno una parte dei sanitari no-vax alla fine dovrà rassegnarsi e fare l’unica possibile: vaccinarsi. Anche perché non possono contare più neppure sui contributi, dopo che la Provincia ha deciso di applicare ai sospesi una norma del 2000, secondo cui “ha diritto all’assistenza economica chi ha subìto una riduzione di reddito significativa laddove la causa non sia però imputabile all’utente”».

Un nuovo lavoro

«La verità - dice Stefano Boragine, segretario del sindacato Ago - è che i sospesi stanno vivendo un momento drammatico. Qualcuno chiede al proprio datore di lavoro di fare un’altra attività per sopravvivere. È il caso di un’educatrice che non volendo vaccinarsi, chiedeva di poter lavorare fino a dicembre, come cameriera: richiesta respinta. Vista la situazione comunque, più d’uno approfitta del momento per cambiare vita. Parlo di operatori impiegati in particolare nelle case di riposo che, negli ultimi mesi, si sono licenziati. Magari fanno dei corsi di riqualificazione e cambiano completamente settore».

Le scelte dei no-vax - tanto dei sospesi quanto di chi si licenzia - stanno pesando ogni giorno di più sul sistema sanitario e sulle case di riposo. «Chi resta in servizio - spiega Boragine -è costretto a turni massacranti per coprire le voragini nell’organico. Abbiamo chiesto un incontro nei giorni scorsi al presidente del Consorzio dei comuni Andreas Schatzer, per discutere di una situazione che sta diventando esplosiva. Per gli operatori che ancora resistono; per gli ospiti delle Rsa; per le famiglie che si devono accollare l’assistenza, perché nelle case di riposo ci sono i posti letto, manca però il personale. Nessuno ha risposto».













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