La poliziotta bolzanina in stato di arresto  già sospesa dal servizio 

La posizione di Rossana Romano è molto pesante Sul telefonino le prove che faceva parte degli accordi


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Corruzione e accesso abusivo al sistema informatico della banca dati delle forze dell’ordine. E’ su questi due capi d’imputazione che si giocherà la disavventura processuale di molti degli indagati della clamorosa inchiesta condotta dalla Procura distrettuale di Trento. Per gli uomini delle forze dell’ordine coinvolti si tratta di un’accusa molto grave. La poliziotta di Bolzano finita agli arresti domiciliari assieme al compagno (ex poliziotto in pensione) ieri è stata subito sospesa dal servizio. La coppia sta organizzando la strategia difensiva e si è affidata all’avvocato Federico Fava in vista del primo interrogatorio di garanzia. Il primo tentativo sarà quello di smontare il teorema della Procura per far saltare nei confronti della poliziotta l’accusa pesantissima di corruzione. Il compagno (che da qualche tempo è in pensione) non può essere inquisito in qualità di pubblico ufficiale (in quanto non più in servizio). Dunque se avesse incassato del denaro lo avrebbe fatto approfittando - secondo la difesa - di favori personali della compagna che non avrebbe neppure sospettato del sistema messo in atto. Il tentativo del legale sarà dunque quello di scorporare le due condotte, evitando alla poliziotta (ora sospesa) di dover rispondere di corruzione. E’ evidente che l’accesso abusivo al sistema informatico della banca dati della Questura è un fatto tecnicamente documentato ma la poliziotta sosterrà di aver semplicemente fatto una serie di favori al compagno senza sapere degli accordi di quest’ultimo con l’agenzia investigativa coinvolta. Per l’avvocato Federico Fava si tratta di una difesa certamente non facile ma è questa l’unica strada per tentare di evitare una condanna per corruzione alla poliziotta che rischia concretamente di dover abbandonare la polizia. Se passerà la tesi accusatoria ben difficilmente potrà esserci futuro in divisa per una poliziotta pronta a vendere informazioni ottenute grazie alle credenziali di servizio con cui aveva accesso al sistema informatico interforze. La strategia difensiva dovrà però fare i conti con quanto già emerso dalle indagini e quanto gli inquirenti hanno trovato, ad esempio, nelle memorie dei telefoni cellulari dove emergerebbero comunicazioni ampiamente compromettenti. Nell’ordinanza di custodia cautelare si legge che nei confronti dei coniugi poliziotti (o conviventi) Rossana Romano e Peppino Spagnuolo, entrambi di Bolzano, la prova del reato si desume dal contenuto delle chat di Whatsapp tra il titolare dell’agenzia investigativa Delmarco e Spagnuolo sulla somma richiesta per l’ottenimento di alcune informazioni riservate sulle pendenze giudiziarie di alcuni soggetti finiti nel mirino dell’agenzia. Anche la posizione di Rossana Romano sembra compromessa posto che agli atti del procedimento ci sarebbe ampia documentazione sui rapporti telefonici intrattenuti con la responsabile nella gestione degli affari dell’agenzia. «Riesce difficile pensare - scrive il giudice - che Rossana Romano fosse estranea agli accordi economici intercorsi tra il convivente e Delmarco...»

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