La scuola italiana boccia la settimana corta

Contrari docenti, sindacati, genitori, ispettori. Tommasini rassicura: «Non ci uniformeremo»


Davide Pasquali


BOLZANO. Non sono solo docenti e presidi bolzanini, ad opporsi fermamente alla settimana corta a scuola. Ad appoggiare la protesta sono i colleghi meranesi, i sindacati, gli ex presidi oggi funzionari d'intendenza. E soprattutto i genitori. In pratica, la quasi totalità del mondo della scuola italiana. Conscio della protesta, scende in campo, rassicurando, anche l'assessore Tommasini. «La scuola italiana non ha bisogno di calendari uniformati, sono contrari i dirigenti, i docenti, gli studenti e i genitori, quindi il nostro sistema funziona. Capiamo le esigenze degli istituti tedeschi, ma chiediamo lo stesso rispetto nel lasciarci la nostra autonomia».

Spinto dalle innumerevoli proteste del mondo della scuola italiana, all'audizione ad hoc di ieri in consiglio provinciale l'assessore Christian Tommasini ha chiuso la porta alla proposta di unificare il calendario scolastico provinciale. Non se ne parla, insomma, di mettere in difficoltà la scuola italiana per risolvere i problemi di quella tedesca e del suo assessore, Sabina Kasslatter Mur. Tanto è bastato ieri per accendere la miccia nell'aula del consiglio, dove erano presenti al gran completo i rappresentanti dell'intendenza tedesca. Pronta la replica di Kasslatter Mur: «Non dobbiamo farne una questione etnica, ma cercare soluzioni. Non possiamo cominciare la discussione dalle eccezioni».

Liquidata la scuola italiana a semplice "eccezione" etnica, l'audizione è potuta continuare nella ricerca del bandolo di una matassa tutta tedesca, ma non etnica, con la benedizione dell'assessore alla scuola ladina Florian Mussner: «In giunta sono pronto a votare per l'organizzazione su cinque giorni». Intanto però, visto che la partita è tutt'altro che chiusa, proseguono le prese di posizione della scuola italiana. Già a giugno, a dire il vero, si era espressa con un chiaro documento scritto la consulta provinciale dei genitori per la scuola italiana. Ora, dopo la lettera all'assessore da parte di 60 docenti del liceo Pascoli, ieri è stato consegnato a Tommasini un ulteriore documento, da parte di un nutrito gruppo di docenti dei licei e degli istituti tecnici di Merano.

Si chiede alla Provincia di rispettare l'autonomia scolastica dei singoli istituti: «Chiediamo che siano i singoli collegi docenti e i consigli d'istituto, come previsto dalla legge, sulla specificità di ogni scuola e delle esigenze dell'utenza, a valutare e decidere come organizzare l'orario scolastico in modo didatticamente più efficace, avendo come unica preoccupazione l'apprendimento degli studenti».

Sulla medesima lunghezza d'onda Stefano Fidenti (Cgil): «Unificare il calendario scolastico dalle materne alle secondarie di secondo grado è inaccettabile, per questioni didattiche, pedagogiche e anche sindacali. Già siamo gli unici a lavorare 34 settimane anziché 33, come nel resto d'Italia. Qui si vuole che aumentiamo a 36 settimane, ma a costo zero, cioè senza alcun beneficio economico. Ci opporremo in toto, con ogni mezzo». Si schiera contro la settimana corta anche Marco Mariani, già preside del liceo Carducci, oggi ispettore di L2 nelle scuole tedesche.

«Sotto il profilo della qualità dello studio non avrei nulla in contrario se si realizzasse per elementari e medie, mentre invece per le superiori nutro fortissime perplessità». Gli studenti, oltre alle lezioni in aula, «hanno il bisogno fondamentale di approfondire individualmente. Il sapere si conquista attraverso l'impegno personale». Con la settimana corta e i conseguenti rientri pomeridiani, «si sottrarrebbe tempo al lavoro domestico, inficiando gravemente la qualità dello studio». Questo senza tener conto del fatto che, specie in un liceo, dopo una mattinata di impegnative lezioni, «al pomeriggio l'attenzione degli alunni scema in maniera significativa».













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