La svolta di Dalvai, dal commercio a oste: sempre equo 

La storia. È stato uno degli inventori del “Fair trade”, per otto anni a capo della rete mondiale Wfto. Ora gestisce un locale in via Argentieri 


Paolo CAMPOSTRINI


Bolzano, Da un po' Rudi Dalvai ha un impegno più serio degli altri: fare un buon caffè. «Non è facile, serve mano ferma e occhio attento». Dalvai è stato a capo del Wfto (World fair trade organization). Una rete globale con 76 Paesi e oltre 40 organizzazioni. Obiettivo: un poco più di giustizia soprattutto nel Terzo mondo. Far sì che commerciare non voglia più dire schiacciare i più deboli, tra i produttori, per favorire i più forti, anche tra i distributori. E tenere legati alla terra e alle proprie coltivazioni uomini e donne con talento e passione, capaci di conservare il nesso sottile tra qualità e sostenibilità. Ci sono “costole” italiane molto note, ormai, di questa struttura, da Botteghe nel mondo ad Altroconsumo. Una rete che proprio Dalvai, insieme a Antonio Vaccaro e Heini Grandi, ha inventato a meta degli anni ’80 con la Ctm di Bolzano. «Adesso, dopo otto anni, era giusto che lasciassi la presidenza del Wfto». Ha preso il suo posto una indiana, che si chiama Roope Metha. Che ieri era a Bolzano, a casa Delvai e dove se no. «L'ho ospitata qui, nel mio bar». Perché adesso lui ha un bar. Il “Ritter”, che è una storica trattoria - mescita di via Argentieri, tra la Kreuzer e i negozi di moda, un' entrata nascosta tra le piante, sedie di legno, avventori di tutte le età che se ne stanno sereni a parlare. «Ho detto: ci provo. E poi, sa che piacere scegliere i prodotti». Perché casca sempre lì, sul cibo.

Quali prodotti, e dove?

Mi sono innamorato degli affettati. Conosco un paio di posti, in Toscana, dove fanno una magnifica finocchiona. E poi il capocollo, il prosciutto. Quello forte, non c'entra col Parma. C'è ad esempio un macellaio, a Pitigliano, con una schiacciata di cinghiale da perdere la testa. Qui invece faccio le polpette e la carne la prendo vicino, da un amico.

Nostalgia degli altri mondi?

Alla fine no. Ogni mondo è un mondo da scoprire. Ma anche qui , nel bar, provo a non fermarmi alle cose facili.

Perchè il Ritter?

Sapevo che era fermo. Ad agosto ho chiesto al proprietario, mi ha detto di sì. Qui è sempre stato un luogo particolare. C'erano delle gestrici, due donne, che hanno fatto la storia del Ritter. Non potevo andare in posti diversi. Ho fatto l'esame, ora sono in regola.

Cosa le piace?

Direi le piccole cose. Quando sono a Venezia mi metto alla ricerca dei locali veri, quelli dei veneziani, vado a Bilbao e mi infilo tra le tapas... Insomma sono così".

Tanti anni a capo del Wfto, quasi 80 Paesi, delegati, produttori. Non prova vertigine adesso?

No perché abbiamo fatto tante grandi piccole cose. A Lima l'organizzazione ha eletto un nuovo board. So che proseguiranno bene. La via è tracciata. Io ho volato e volato per anni. Dai produttori del Bangladesh alle banane del Sud America. A proposito di banane... Ctm, Agrofer e Altroconsumo trattano volumi enormi. Almeno 16mila tonnellate di banane. Sono 14 tir con container a settimana.

Che significa?

Che sono livelli ormai in grado di rendere la rete dei produttori sostenibile ma anche economica.

E a Bolzano?

I supermercati, la grande distribuzione ha iniziato a capire il senso del nostro lavoro. Despar muove qui da noi 700 mila euro di mercato equo e solidale. Esselunga 15 milioni. Si tratta di banane, caffè, cioccolato, granaglie".

Un successo...

Beh, soprattutto per loro. I produttori. All'inizio è stato difficile. Andavo su e giù per il pianeta. Ma parlare con questa gente, vederli lavorare, svegliarsi all'alba e curare il campo, sapere che ora tanti di loro non sono più soli che sono in grado di valorizzare produzioni antiche, di farle andare per il mondo, è un grande risultato. Dovuto al lavoro di centinaia di organizzazioni solidali.

All'inizio è stato difficile?

Molto. E spesso anche pericoloso.

E adesso?

C'è un sistema di garanzie e di controllo che si regge bene in piedi. Ci sono ispettori, visite incrociate. E sono applicati in pieno i principi del commercio equo, i nostri comandamenti".

Che sono ?

Trasparenza, rispetto per l'ambiente, salute, sistema di monitoraggio. E anche paga. Per far vivere i produttori occorre che i pagamenti siano giusti e seriamente corrisposti.

Che resta da fare?

Tocca a Roope Metha. E ai suoi nove collaboratori nel cda. Arrivano dalla Nuova Zelanda, dal Perù, Cile, Stati Uniti... Ognuno porterà le sue esperienze .

In particolare?

Si sta lavorando ad un marchio per gli artigiani che lavorano per il commercio equo. Servirà per commercializzare i prodotti... Scusi, ma adesso devo fare un paio di caffè...















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