«La vera sfida? Gestire i flussi dei migranti»

Carluccio: «Furti e scippi qui fanno notizia» «Bolzano? Me ne sono innamorato subito»


di Massimiliano Bona


BOLZANO. Ha 65 anni (appena compiuti) ma l'energia contagiosa di un ragazzino. Anche per questo Lucio Carluccio, questore di Bolzano dal maggio 2013, avrebbe continuato volentieri a lavorare in una realtà che considera «laboriosa, ordinata, tra le più sicure d'Italia e con un altissimo senso civico». Alla circolare sui limiti di età del ministro Madia – per questo salentino d’origine (di Vaste, Comune di Poggiardo, vicino a Lecce) ma meneghino d'adozione - forse si poteva fare un'eccezione. Noi, di sicuro, ne avremmo guadagnato. Mai, in passato, si erano viste così tante Volanti in strada nel capoluogo altoatesino. Carluccio a Bolzano ha messo in pratica quanto appreso in oltre vent'anni in prima linea a Milano (dove è diventato vice questore vicario) ma anche da vice direttore operativo della Direzione investigativa antimafia, che dalla sua gestione in poi ha iniziato ad aggredire con feroce determinazione i patrimoni dei boss.

Nel 2013 cosa l'ha indotta ad accettare una destinazione come Bolzano?

«Sono arrivato in Alto Adige per caso ma anche per sfruttare un'opportunità di progressione di carriera. Bolzano è equiparata ad un capoluogo di regione e sono diventato dirigente generale. Poi, una volta qui stabilmente, mi sono subito innamorato della città».

Lei parla di una realtà laboriosa, ordinata e con un senso civico superiore alla media. E la criminalità? Per furti e rapine siamo nelle retrovie, ma non per gli scippi (91esimo posto)...

«Qui ci sono fenomeni di piccola criminalità, ma non omicidi e rapine. Fanno notizia i furti in appartamento, ma anche i furti di bici e gli scippi che altrove passano in secondo piano».

La sensazione, con il suo arrivo, è stata quella di vedere subito all'opera più poliziotti. È davvero così?

«Una delle prime misure che ho adottato è stata la riorganizzazione dei servizi in Questura. Sono riuscito, con il supporto dei sindacati, a raddoppiare la nostra presenza».

A Bolzano un tempo bastavano due volanti..

«Con la mia gestione sono passate da due a quattro-sei. Il messaggio è chiaro: più poliziotti per strada e meno negli uffici. Più pattuglie in perlustrazione consentono di contrastare di più e meglio la microcriminalità e i risultati sono arrivati grazie anche all'aiuto dei residenti».

Con le segnalazioni al 113?

«Si, inizialmente gli altoatesini erano diffidenti. Poi, da quando ho sollecitato la loro partecipazione, invitandoli a chiamare anche in caso di dubbi, i risultati si sono visti eccome. Avere anche solo un paio di minuti di vantaggio, a volte, può rivelarsi decisivo».

Nell'ultimo periodo le spaccate nei negozi sono aumentate parecchio. La media è di una al giorno...

«I problemi di fondo, in questo caso, sono due. Serve, da parte della politica, a livello europeo, una maggiore capacità di gestire il fenomeno immigrazione. È chiaro che se aumentano sul territorio le persone senza un'occupazione fissa e che vivono di espedienti crescono anche i crimini. L'altra questione è di carattere normativo: anche quando prendiamo i responsabili spesso sono liberi in pochi giorni e tornano a delinquere. C'è chi mi ha chiamato il questore delle espulsioni: in realtà ho usato questo strumento con oculatezza, prova ne sia che il Tar non ha rigettato un solo provvedimento».

Lei è un sostenitore delle telecamere. Giusto potenziarle a Bolzano?

«Ciò che la tecnologia offre a supporto dell'attività tradizionale è sempre di grande aiuto. Le telecamere, in diversi casi, sono risultate decisive anche a Bolzano. Penso alla strumentazione elettronica a bordo delle auto (sistema Mercurio ndr) che ci consente di capire al volo se un mezzo è rubato o all’informatizzazione degli archivi. Agli inizi della mia carriera gli atti venivano redatti con sette copie di carta a velina e sei di carta carbone...».

Nei tre anni e mezzo in Alto Adige qual è stata la priorità, in assoluto?

«La gestione, complessa, dei flussi migratori. In particolare al Brennero. Siamo diventati un esempio a livello nazionale, tanto da essere menzionati anche dal capo della polizia Gabrielli. Il tutto d'intesa con altri enti e associazioni. Non siamo in presenza di un'emergenza e non tutto si risolve solo con i controlli».

Qual è stata la sua operazione più importante in carriera?

«Ero a Milano, a capo della Mobile, e il serial killer Gaspare Zinnanti (che “uccideva per salvare le anime delle sue vittime” ndr), autore di tre omicidi, durante un lungo interrogatorio ci fece scoprire un quarto cadavere. Era in un capannone abbandonato. Poi si è suicidato in carcere».

Cosa le ha lasciato invece l’esperienza (dal 2005 al 2011) alla Dia?

«Oggi può sembrare scontato ma abbiamo introdotto un nuovo metodo di lavoro concentrandoci sull'individuazione e sull’aggressione dei patrimoni illeciti. Abbiamo sequestrato beni anche nel commercio: penso ad un franchising della Despar in Sicilia».

A parlare sono i numeri di quel periodo...

«Abbiamo sottratto alla criminalità organizzata, soprattutto di tipo mafioso, beni per oltre 8 miliardi di euro, mentre sono state più di 270 le misure di prevenzione, personali e patrimoniali, proposte ed oltre un migliaio i criminali arrestati».

Cosa pensa della recente classifica del «Sole 24 Ore» che ci ha detronizzato, facendo scivolare Bolzano dal primo al settimo posto?

«A Bolzano, è bene sottolinearlo, si vive bene. E soprattutto sicuri. Più di quanto non dicano le ultime classifiche».

Una curiosità: dove andrà a vivere?

«In Lombardia, con la famiglia. Ho tre figli milanesi a tutti gli effetti e io stesso ho trascorso lì oltre vent’anni, in cui mi sono formato dal punto di vista professionale. E ho tuttora rapporti stretti sotto l’aspetto umano. L’altra sera, quando il capo della polizia mi ha fatto i complimenti, mi sono anche commosso».

Chi prenderà il suo posto da gennaio?

«Manca l’ufficializzazione, forse il vicario...».

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