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Lavoro, già 10 morti nel 2023: «Vanno assunti gli ispettori»

La Uil rilancia la campagna contro gli incidenti. Convegno con la segretaria confederale Ivana Veronese



BOLZANO. C'è poco da spiegare: in otto mesi, dall'inizio dell'anno, 657 morti sul lavoro. In Italia. Sono - fatti due conti - 82 vittime al mese. In Alto Adige, negli stessi otto mesi, dieci morti. Stavano lavorando, non correndo a duecento all'ora in autostrada. Ma poi bisogna comunque spiegare. E la spiegazione, o almeno una parte delle tante ragioni possibili, parte da un no. «Non si può più accettare che oggi, qui, in un Paese civile, una persona esca la mattina per andare al lavoro, salutando la famiglia, e non sappia se ci torna vivo, a casa»: questo lo dice Mauro Baldessari, segretario generale della Uil altoatesina. E Francesco Mongioì del direttivo Uil spiega: «Mancano gli ispettori. Manca la formazione. Sia dei lavoratori, spesso, ma anche nelle aziende». La colpa? Niente accuse col ditino puntato ma una cosa è certa. Così Mongioì : «Alla festa del primo di maggio il presidente Kompatscher ci aveva promesso: assumeremo tutti gli ispettori del lavoro che mancano. Bene siamo quasi in inverno e nessuno è stato ancora assunto». E così la Uil ha convocato tanti ieri ai Piani, per raccontare come stanno le cose. Per ribadire, inoltre, quello che è il suo manifesto, ormai da molto tempo, che è questo: «Zero morti sul lavoro». Non è un utopia, spiegano, è un progetto. Soprattutto un impegno del sindacato. Che lo sia anche della politica territoriale e dunque della Provincia, questo è un altro conto. Per ora i vuoti in organico degli ispettori, la prima trincea della prevenzione sul campo, restano. Fino a che punto? Presto detto, commenta Baldessari: «A parità di popolazione lavorativa, la provincia di Trento ha il doppio degli ispettori della provincia di Bolzano». Che qui sono dieci. Dovrebbero essere almeno venti per provare a monitorare aziende, luoghi di lavoro, rispetto della normative di sicurezza. Che, tante volte, non sono rispettate dagli stessi lavoratori. La Uil, come altri sindacati, mette in campo corsi di formazione, esperti in sicurezza, giuristi, sanitari. Ma a volte non basta. «Tanti lavoratori sono stranieri. Arrivano ai corsi in molti, alcuni no. Ma il problema», dicono alla Uil, «è che la lingua è spesso un ostacolo. Non capiscono né l'italiano né il tedesco ed è difficile spiegarsi». Poi ci sono le campagne. E i lavori agricoli. Basterebbe, spiega Mongioì, «che i trattori fossero messi in sicurezza, che ci fossero serie istruzioni sui mezzi». Che la questione sia seria lo dimostra anche l'arrivo a Bolzano, al convegno ai Piani, di Ivana Veronese, segretaria confederale Uil. Che ha portato i dati nazionali. E ricordato le stragi più recenti: dei cinque operai massacrati da un treno presso la stazione di Brandizzo, mentre lavoravano sui binari e, quindici giorni dopo, i tre morti nell'esplosione di uno stabilimento industriale. Dopo un paio di giorni, anche questi dimenticati. Solo statistica. Quindi: più investimenti in sicurezza, più ispettori del lavoro - con l'Alto Adige ancora fanalino di coda nel loro numero - più sensibilità tra lavoratori e imprenditori per corsi, strumenti e norme sulla sicurezza. «Per coprire i buchi negli organismi di controllo», concludono alla Uil, «tante volte ci chiedono aiuto: ci manca un tedesco, ci manca un italiano... Ma noi non possiamo mandare specialisti, solo lavoratori, senza preparazione specifica. Chi ce l'ha sono gli ispettori, i tecnici. E quelli mancano». Ma l'obiettivo resta: zero morti. P.CA.













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