Le donne e il loro mondo nascosto

Dalle case chiuse alle concessioni commerciali, dalle maestre alle studiose


di Paolo Campostrini


BOLZANO. C'è la storia. E poi ci sono le storie. La prima è fatta dagli uomini e, soprattutto, è stata scritta da loro. Le seconde invece, sono piene di donne. Ma non l'hanno mai scritta, soltanto raccontata. Chi sa di Frau Emma, una delle prime albergatrici alla guida del suo Gasthaus di Villabassa in un mondo allora fatto solo di albergatori? O di Maria Duscha, scesa nel Südtirol ancora per poco asburgico prima della grande guerra a diffondere il "sol dell'avvenir", il verbo socialista in mezzo a masi chiusi, padri padroni, mariti inquieti e parroci sospettosi? Sono (anche) queste storie che hanno fatto la storia. Ma adesso, raccolte, archiviate, messe sul web possono ricostruire la storia vista dall'altra metà del cielo, quella "di genere", fatta e vissuta da migliaia di donne attraverso lunghi secoli di apparente assenza. Ed è per rendere trasparente tutto questo e tutte queste che l'Archivio storico delle donne ha messo in pedi un progetto per il «censimento dei fondi archivistici di interesse per la storia femminile negli archivi sudtirolesi» come ha spiegato la presidente Alessandra Spada. Che servirà a chi vuole approfondire ma anche soltanto a gettare luce dove non c'è mai stata. Attraverso lo studio degli inventari sono stati considerati, tra tante altre fonti, i fondi privati e istituzionali dell'archivio provinciale, dell'archivio di Stato e di quello storico comunale. «Per la prima volta li abbiamo osservati al femminile - ha raccontato la ricercatrice Giovanna Tamassia - ed è stato possibile ricostruire gruppi di documenti fondamentali per la storia delle donne e le loro attività, come le concessioni commerciali rilasciate dal Magistrato bolzanino». Ogni archivio è stato descritto attraverso una scheda e i risultati verranno pubblicati dall'archivio delle donne. Perchè hanno guardato ovunque, le ricercatrici. Tutto ma proprio tutto, fino all'apparire del gruppo Kollontai, a Bolzano, negli anni Settanta, il primo, finalmente, a parlare di educazione sessuale. Tutto vuol dire anche i documenti della Questura. I rapporti sulle prostitute, la documentazione dell'attività delle case chiuse, i certificati medici, gli interrogatori, i verbali. Un mondo di donne, tutto di donne. Come altri mondi che sono emersi "di rimessa" tra la storia ufficiale degli uomini. E che fanno trasparire un universo femminile partecipe e preparato. Come quello che rivive arrivando dai primi anni del dopoguerra, dopo il primo conflitto e l'ingresso degli italiani a Bolzano, con i fondi Onair, che raccontano dell'impegno di maestre e studiose negli asili delle "terre irredente", la cui sede centrale a Roma era composta solo da donne. Come le sorelle Agazzi, pedagogiste di assoluto livello internazionale. E poi ecco le suore. Altro mondo "di genere". Con storie umili e nascoste, nella penombra degli archivi conventuali. O i fondi commerciali. In cui emergono figure femminili di grande presenza sociale che magari per fare la loro attività dovevano possedere l'"autorizzazione maritale" come era necessario ancora nell'Italia fascista. Ma non nell'Austria teresiana. Dove c'erano magari meno vincoli rispetto all'attività pubblica ma in cui comunque le donne erano soffocate dal combinato disposto delle leggi sul maso chiuso, del conservatorismo ecclesiale e della poca cittadinanza che ebbero, fino al 1918 le correnti liberali e libertarie molto attive invece a sud, in Emilia o a nord, a Vienna. Ma, per quei cortocircuiti cui la storia a volte costringe, proprio quando l'Austria concedeva il voto alle donne, l'Italia vincitrice lo toglieva... Ma erano donne-donne, le sudtirolesi. Quando, dopo il '22, con l'avvento del fascismo della prima ora, il Regno si apprestava a vietare l'insegnamento del tedesco nelle scuole, furono le donne a scendere in piazza per protestare. Un lungo corteo raggiunse in piazzale della prefettura, nel settembre del 1923, chiedendo la possibilità di continuare a imparare e insegnare il tedesco nelle aule. Erano giovani, madri, casalinghe, borghesi. E poco dopo, fu ancora una delegazione di donne a scrivere al duce perorando la causa sudtirolese e cinque di loro si recarono anche a Roma per chiedere udienza a Mussolini. «E proprio da quei nuclei- racconta Alessandra Spada - nacquero le Katakombenschule, le scuole segrete dove di insegnava "illegalmente" il tedesco. E lo insegnavano quasi sempre le donne...». Rischiando di loro. Ed erano quasi tutte donne, invece, dall'altra parte, le legioni di maestre e insegnanti che, risalendo dalle "vecchie province" venivano in missione qui. Missione professionalmente ugualmente dura. Ora tanto di tutto questo è emerso. E farà storia. Per vederla già in parte sarà continuamente integrato il sito dell’archivio.

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