BOLZANO. Per comprendere meglio la faccenda risultano utili un po’ di numeri. Il 50% della superficie dell’Alto Adige è coperta da boschi. I proprietari privati sono 23.300. Ogni anno le 110 segherie altoatesine lavorano circa 650 mila metri cubi di legname. La più grande segheria altoatesina è però in grado di segarne solo 60 mila. Tenendo conto che ora ce n’è da tagliare 1,5 milioni di metri cubi, si comprendono immediatamente le dimensioni della preoccupazione collettiva e dei proprietari.

Il settore forestale e della lavorazione del legno raggiunge un fatturato annuo di 1,1 miliardi di euro. L’economia del legno altoatesina conta su 1.500 aziende, che nel complesso danno da lavorare a 7.000 persone. Si stima però che nell’indotto siano coinvolti in totale 25.000 lavoratori.

Di norma, stando alle ultime statistiche ufficiali disponibili, nel 2017 il tondame di abete rosso raggiungeva i 103 euro al metro cubo; il metro cubo di larice arrivava a 150 euro; quello di cirmolo ai 303 euro. Ora le stime più ottimistiche parlano di una diminuzione dei prezzi attorno al 15-20%. E già sarebbe brutta così. Ma c’è chi arriva a stimare un crollo del 40% e forse anche del 50%.

La superficie totale coinvolta dalla tempesta di fine ottobre non raggiunge nemmeno il 2% del totale dei boschi provinciali. Nel complesso, si sono schiantati 1,5 milioni di metri cubi: 250 mila a Nova Levante più altri 90 mila nella foresta demaniale del Latemar; 270 mila a Nova Ponente; 194 mila ad Aldino; 60 mila a Marebbe; 40 mila a Tires; 34.800 ad Anterivo; 30 mila ciascuno a San Martino in Badia, La Valle e Ultimo; 25 mila in valle Aurina, in val Senales e a Braies, 24 mila in Badia...