Lidia Menapace, il ricordo del New York Times
Bolzano. «Lidia Menapace, che ha combattuto fascisti e sessisti, è morta a 96 anni». Così il New York Times titola un pezzo a firma di Emma Bubola, dedicato alla partigiana, femminista e politica...
Bolzano. «Lidia Menapace, che ha combattuto fascisti e sessisti, è morta a 96 anni». Così il New York Times titola un pezzo a firma di Emma Bubola, dedicato alla partigiana, femminista e politica bolzanina d’adozione, morta lunedì 7 dicembre all’ospedale San Maurizio. «Fu partigiana nel nord Italia durante la seconda guerra mondiale - si legge ancora - e denunciò gli sforzi per minimizzare il ruolo delle donne nella Resistenza. Era stata ricoverata in ospedale per Covid-19». L’articolo è inserito in una sezione del sito di uno dei giornali più influenti al mondo, riservata alle persone che hanno ricoperto un ruolo importante nella società e sono morte a causa della pandemia. «Ha nascosto degli esplosivi sotto i vestiti - scrive Emma Bubola - . Ha consegnato mappe e propaganda antifascista nascoste tra le pagine delle opere di Cicerone. Portava medicine in bicicletta ai partigiani feriti che si nascondevano tra le montagne. Lidia Menapace, come ha raccontato in un libro di memorie e in interviste, ha spesso rischiato la vita come membro della Resistenza clandestina italiana, combattendo i nazisti e le forze fasciste italiane nella seconda guerra mondiale. E come quelli di molte donne partigiane, i suoi contributi venivano dati per scontati dai compagni maschi. Dopo la guerra, quando i funzionari italiani dissero che le donne non dovevano partecipare a una parata di liberazione, lei andò comunque. "Se non ci fossero state le donne", ha detto una volta, "non ci sarebbe stata alcuna resistenza". La signora Menapace si è poi rivolta alle cause del femminismo e del pacifismo. Nel 1964 divenne la prima donna eletta nel consiglio provinciale di Bolzano, dove si era trasferita dopo aver sposato Nene Menapace, un medico. Cinque anni dopo, ha contribuito a fondare Il Manifesto, che è diventato influente nella politica e nella cultura italiana. Ha sostenuto la legalizzazione dell'aborto e del divorzio in Italia, opponendosi a quello che ha definito “il matrimonio con l'ergastolo”. Ha promosso un linguaggio più inclusivo per affrontare la discriminazione radicata, come il riferimento a donne con versioni femminili di titoli de facto maschili».