«Lo abbiamo sentito il giorno dell’omicidio» 

In luglio era tornato a Bolzano. Se n’era andato 17 anni fa per una serie di guai Nel luglio scorso aveva fatto ritorno in città per 15 giorni per presentare il figlio dodicenne



Bolzano. «Stiamo vivendo un incubo. Abbiamo saputo della tragedia domenica sera. Siamo sprofondati nel dolore. Speriamo di poter sapere prima o poi che cosa effettivamente è accaduto e che i responsabili siano assicurati alla giustizia». E’ il nipote 23enne di Luca Romania a raccontare alcuni particolari della tragedia. Sapeva che lo zio aveva deciso una ventina di anni fa di lasciare Bolzano perchè «braccato» da creditori con cui aveva cercato di fare degli affari decisamente poco leciti. In un condominio di via Druso vive una vedova che ancora oggi ricorda di essere stata tempestata di telefonate per settimane e settimane a seguito dello stesso cognome.

«Tutti pensavano che fossi una parente - racconta - mi ricordo che per mesi lo hanno cercato in decine. Telefonavano e suonavano il campanello ad ogni ora . Cercavano sempre Luca. Certe volte non è stato agevole convincere tutti che io non c’entravo nulla con Luca e che, nonostante lo stesso cognome, non era un mio parente. Si figuri che in un’occasione mi sono venuti a trovare anche gli agenti della polizia che lo stavano cercando per guai di carattere giudiziario».

In effetti Luca Romania per alcuni anni ha effettivamente abitato in quel palazzo, anche se in un’ala diversa. Un racconto, quello della vedova bolzanina, che aiuta a capire per quale motivo ad un certo punto Luca Romania abbia preferito «cambiare aria».

In sostanza il bolzanino aveva capito che non avrebbe potuto andare avanti così. Certi errori si pagano e per questo decise di lasciare la città e l’Italia nel tentativo di rifarsi una vita. In Brasile aveva puntato gran parte dei propri progetti sulla passione per i tatuaggi. Era riuscito ad aprire uno studio specializzato.

Spesso nelle sue comunicazioni con mamma e sorelle (rimaste a Bolzano) si era vantato di essere riuscito ad avviare un’attività commerciale “pulita” con tutti gli incartamenti burocratici a posto. E’ sempre stato un suo piccolo vanto. Probabilmente però l’attività si è dimostrata insufficiente a raggiungere i risultati economici auspicati.

E così, piano piano, il bolzanino dalla buona volontà si è fatto risucchiare dalla logica del profitto a tutti i costi, anche con un’attività illecita. Lo dimostra la nuova incriminazione che Luca aveva dovuto subire da parte delle autorità giudiziarie italiane per associazione per delinquere nell’ambito del narcotraffico. Gli inquirenti brasiliani sono convinti che il tragico regolamento di conti sia da mettere in relazione proprio alle nuove logiche criminali accettate.

Uno sgarro di troppo è stato pagato con la vita. Nessuno a Bolzano poteva immaginare il contesto estremamente pericoloso in cui Luca aveva deciso di infilarsi.

«Quando è tornato a Bolzano qualche settimana fa era sereno e tranquillo - racconta ancora il nipote - L’unica cosa che lo innervosiva era la vicenda della ex moglie con il procedimento avviato davanti ai giudici brasiliani per difendere il diritto di vedersi assegnare il figlio dodicenne da seguire a far crescere».

Nel frattempo Luca aveva trovato sulla sua strada un’altra donna con cui stava bene- «Sembrava tranquillo e felice» raccontando ancora i parenti a Bolzano. Probabilmente lo era in quanto non aveva mai messo in preventivo di poter essere assassinato per un presunto sgarro. Il movente che ha mosso i killer (è probabile che ad agire siano stati almeno in due) era sicuramente pesante. Lo dimostrerebbe anche la zona (considerata assolutamente malfamata dagli inquirenti brasiliani) ove sono stati trovati i resti carbonizzati. Si tratta di un rione ove le bande organizzate del crimine spadroneggiano cercando di imporre la propria logica di terrore. «Ora possiamo solo sperare che sia fatta giustizia» commenta commosso il nipote. MA.BE.













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