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Lupo, primo sì agli abbattimenti: dal 2022 predati 662 animali 

Dieci anni fa in Alto Adige gli episodi erano vicini allo zero. Tra 2020 e 2021 sono triplicati: da 99 a 283. La protezione sarà considerata «impossibile» a seconda della superficie del pascolo e della consistenza del gregge



BOLZANO. I dna di lupo identificati risultano sempre sotto la trentina da cinque anni. Invece sale vertiginosamente la curva delle predazioni: zero dieci anni fa, oltre 500 nel 2022. Lupi sempre più famelici e scaltri? No, solo poco stanziali, poco tracciabili. Anzi, sicuramente in piena crescita demografica: lo dimostrano le tracce raccolte nell’ultimo lustro.

A poche ore dalla scadenza per l’impugnazione della legge provinciale sui prelievi di lupi, l’assessore Arnold Schuler sventola i dati aggiornati dell’ufficio caccia e pesca e procede con il regolamento di esecuzione della legge. Un passo necessario, nel complesso quadro degli abbattimenti previsti dalla normativa approvata in consiglio lo scorso giugno, e più in generale un passo sulla strada verso il declassamento dello status di protezione.

I numeri dal 2018

Cinque anni fa erano stati individuati 14 esemplari di lupo (con 101 tracce che facevano supporre un minimo di 31-35 esemplari sul territorio) e si contavano 56 animali predati. Nel 2019, nove lupi accertati e 111 animali aggrediti. Tre anni fa, questi ultimi scendevano a 99, per 16 identificazioni attraverso il dna e 164 tracce.

Il primo picco fu nel 2021 con 283 animali predati (245 tracce, 20 lupi identificati). Poi, i 517 del 2022, con 29 dna accertati, una popolazione stimata di almeno 50 esemplari e 447 tracce. Fino allo scorso 6 agosto, sono stati segnalati 145 animali predati, 233 tracce e 20 lupi «certi». In realtà sarebbero almeno una trentina, sparsi in modo uniforme in tutta la provincia (a eccezione di val Venosta e alta val Passiria). Nel 2018 erano concentrati in val d’Ultimo e nella zona dell’altopiano dello Sciliar.

La tutela «impossibile»

Semplificata all’estremo, la ratio della legge è: protezione impossibile o «irragionevole», abbattimento legittimo. Solo che bisogna definirla, l’impossibilità sulla quale Schuler ha imperniato il testo che ha sfidato il primato dell’Ispra (e che perciò ha richiesto una importante limatura in fase di trattativa). Perciò ieri la giunta ha varato il regolamento di esecuzione con i criteri fissati dal direttore della ripartizione Foreste per la designazione delle «aree di protezione del pascolo», le modalità di segnalazione dell’attività di dissuasione e di allontanamento del lupo e le modalità di monitoraggio della popolazione.

Le indagini per classificare le malghe sono iniziate. Schuler fa alcuni esempi: «Non è ragionevole installare una recinzione più lunga di 5 chilometri, o se oltre il 20 per cento della superficie è boschiva o più della metà della superficie è rocciosa, o ancora se ci sono strade, sentieri e corsi d’acqua a interrompere la recinzione».

Un secondo criterio prevede che al pascolo sia sempre garantita la presenza di almeno due pastori, un altro riguarda la consistenza del gregge o della mandria (il discrimine è fissato a 500 capi). Infine, spiega ancora l’assessore, «deve essere garantito il benessere animale, anche quello dei cani da guardiania».

Una norma di attuazione?

Dal ministero degli Affari regionali martedì è arrivata l’ultima conferma. Questa volta, il Consiglio dei ministri non impugnerà la legge altoatesina.

In Provincia, l’idea sarebbe di chiudere la partita entro l’estate, prima del ritorno dall’alpeggio. L’obiettivo più ambizioso resta il declassamento dello status di protezione nell’arco alpino, sull’esempio svedese. Insiste su questa strada, il presidente Arno Kompatscher: «Potersi attivare in presenza di animali problematici non è la soluzione. È un primo passo. Anche in Svezia, ma pure in Francia, vige la direttiva Habitat»

Il presidente della Commissione dei Sei, il deputato di Fratelli d’Italia Alessandro Urzì, addirittura auspica che si possa avviare una norma di attuazione. «Per un ulteriore inquadramento», spiega, «che un domani possa portare a cristallizzare in una regola complessiva queste normative, altoatesina e trentina, oggi così esposte a ricorsi e controricorsi». S.M.

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