Manifesto choc con cadavere Verso il processo: diffamazione 

La Procura ha inviato l’avviso conclusione indagine. Tra i quattro indagati anche Eva Klotz. Fu L’Ordine  dei medici a depositare una denuncia querela. «Offesa la dignità professionale dei medici». La difesa: «Non è vero»



Bolzano. Per il manifesto choc diffuso circa un anno fa in tutto l’Alto Adige con la fotografia del cadavere di un paziente e l’indicazione “il medico non sapeva il tedesco” si va verso la richiesta di rinvio a giudizio. Sul registro degli indagati, con l’ipotesi di accusa di diffamazione aggravata (in quanto effettuata con l’uso della stampa) ci sono i nomi di quattro aderenti al partito separatista sudtirolese Südtiroler Freiheit, tra cui Eva Klotz. Fu l’Ordine dei medici della provincia di Bolzano a portare il caso nelle aule giudiziarie con un esposto penale curato dall’avvocato Beniamino Migliucci. Ora la Procura della Repubblica ha inviato agli indagati l’avviso di conclusione indagine, atto procedurale previsto solo nel caso in cui la pubblica accusa intenda procedere con la richiesta di rinvio a giudizio. Prima di una decisione in tal senso, il codice concede agli indagati venti giorni di tempo per fornire eventuale documentazione a proprio discarico. Non sarà il caso dei quattro esponenti del partito fondato da Eva Klotz che intendono invece arrivare davanti ai giudici per sostenere il diritto di critica per alcune presunte falle esistenti in Alto Adige sull’uso della madrelingua. «Questo nuovo processo mette ancora una volta in discussione il diritto di critica - spiega l’avvocato Nicola Canestrini, legale di difesa dei quattro indagati - discuteremo volentieri in aula dei requisiti anche linguistici che debbono avere i medici in Alto Adige e se c’è mai stato il caso di un medico che non è riuscito a capire un proprio paziente perché non parlava tedesco e parleremo anche dei danni che la mancanza di conoscenza della lingua può provocare nel sistema giustizia e nella pubblica amministrazione in generale». Come già accennato fu l’Ordine dei medici a sentirsi diffamato dal manifesto del Südtiroler Freiheit. «Sono denunce che mirano a silenziare un dibattito» sottolinea l’avvocato Nicola Canestrini. In realtà l’Ordine dei medici decise di presentare querela per diffamazione proprio perché ritenne che fosse stata lesa la dignità professionale dei medici. All’epoca della diffusione del manifesto vi erano state diverse prese di posizione da parte di medici che si erano sentiti offesi. I pediatri di famiglia dell’Alto Adige avevano espresso solidarietà verso tutti i medici sia di madrelingua italiana che tedesca. «La salute è un tema così importante - avevano scritto in un comunicato - che questo tipo di comunicazione va a incidere pesantemente e negativamente sulla relazione tra medico e paziente, insinuando così nel cittadino un profondo senso di sfiducia verso tutta la sanità.

La relazione medico paziente è infatti parte fondamentale del processo di cura».

I medici pediatri avevano chiesto l’immediata rimozione dei manifesti mentre l’Ordine dei medici aveva dato mandato all’avvocato Beniamino Migliucci di verificare penalmente tutti gli aspetti della vicenda. Il noto avvocato bolzanino aveva poi proseguito depositando una querela per diffamazione ai danni dei medici altoatesini. Il manifesto era stato dunque ritenuto palesemente diffamatorio perché non sarebbe mai accaduto che un paziente abbia perso la vita negli ospedali altoatesini a seguito dell’incapacità di un medico di capire la lingua tedesca. La Procura sembra essere giunta alle stesse conclusioni.

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