Mayr Nusser, 75 anni dopo l’omaggio della sua città

Bolzano. Era autunno a Konitz, in Pomerania. Il comandante del campo di addestramento aveva appena finito di pronunciare le ultime parole del giuramento di rito delle Ss: «Prometto solennemente a...



Bolzano. Era autunno a Konitz, in Pomerania. Il comandante del campo di addestramento aveva appena finito di pronunciare le ultime parole del giuramento di rito delle Ss: «Prometto solennemente a Hitler e ai superiori obbedienza fino alla morte. Che Dio mi assista». Josef Mayr Nusser in un silenzio di tomba chiese la parola. Forse fu quel riferimento così ardito a Dio, scandaloso ai suoi occhi di cristiano, a scuoterlo. A fargli prendere la decisione estrema. «Non posso giurare» disse. Sapeva di morire con quel gesto. E morì Mayr Nusser. Fu subito imprigionato e torturato. Nessun pentimento. Il 24 febbraio del '45, dopo mesi di violenze e privazioni, era su un vagone bestiame diretto a Dachau: spirò poco prima di arrivarci, nei pressi della stazione di Erlangen. Oggi, quella città tedesca è gemellata con Bolzano. E ieri la sua città, dove nacque il 27 dicembre del 1910, gli ha reso omaggio davanti alla targa ricordo. «L'eroe solitario bolzanino» è stato definito dal sindaco Renzo Caramaschi. È beato dal 2017. Una cerimonia al freddo di ponte Campiglio, davanti al maso di famiglia, il Nusserhof. Caramaschi, con il vicesindaco Luis Walcher, ha ricordato «il suo impegno, i suoi valori, l'attualità del suo sacrificio. La nostra città può essere fiera di lui, che ha pagato con la vita la sua coerenza, la rettitudine ed il rifiuto del nazismo, opponendosi così ad una ideologia che aveva come base la negazione dei diritti fondamentali dell'uomo». Per Mayr Nusser la fedeltà al Vangelo si innestava con quella verso l'uomo, la sua dignità di creatura. Lavorava «in città» fin da ragazzo. Una vita semplice, ma profondamente coerente con il messaggio cristiano. Semplicemente si chiedeva, come ha scritto nel suo libro Paolo Valente, che senso avesse vivere senza dare testimonianza. E la dava sapendo di rischiare la vita ogni giorno, anche prima di quel giuramento nel cortile della caserma di Konitz. Era membro dell'Azione cattolica, e questa adesione lo portò a fare un salto di qualità anche politico, quando entrò nell'Andreas Hofer Bund, il gruppo di resistenza sudtirolese al fascismo ed al nazismo. Dopo l’8 settembre 1943 l'Alto Adige entrò a fare parte della Zona operazione delle Prealpi, su cui la Repubblica di Salò non aveva giurisdizione ma dipendeva direttamente da Berlino. Fu così che Mayr Nusser venne arruolato a forza nelle Ss e spedito in Germania. Al maso ieri anche gli assessori Lorenzini e Andriollo, Judith Kofler Peintner, Francesca De Carlini (vicaria del prefetto Cusumano), comandanti militari, Anpi e associazioni di reduci. P.CA.















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