IL CASO

Morta dopo l’operazione per un errore 

La perizia sul decesso di una paziente di 75 anni operata all’ospedale di Vipiteno, conferma la accuse a carico di due medici


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Due medici dell’ospedale di Vipiteno inguaiati, altri cinque (tra cui quattro in servizio all’ospedale di Bolzano) completamente scagionati. E’ l’esito dell’incidente probatorio che si è concluso davanti al giudice delle indagini preliminari Walter Pelino in relazione all’accusa di omicidio colposo, per la morte di un’anziana paziente (75 anni) sottoposta ad intervento chirurgico nel reparto di ortopedia dell’ospedale dell’Alta Valle Isarco per la stabilizzazione di due vertebre.

La vicenda, sotto il profilo clinico, è stata ricostruita passo dopo passo dai due periti chiamati dal giudice a fornire una serie di valutazioni sulla condotta professionale dei medici coinvolti.

I due periti (il professor Francesco De Ferrari ed il professor Stefano Bonardelli) hanno illustrato in aula il loro elaborato che porta a conclusioni piuttosto chiare: il dramma sarebbe stato in gran parte provocato dall’imperizia e dall’imprudenza professionale dei due medici che operarono l’anziana donna all’ospedale di Vipiteno.

Dalla perizia è emerso che durante l’intervento (per la stabilizzazione di due vertebre che creavano non pochi problemi alla paziente in area lombare) fu provocata per errore la rottura della vena iliaca. Una lesione che si rivelò subito importante in quanto l’arteria venne lesionata per circa due centimetri provocando una emorragia rilevante ed il blocco della circolazione sanguigna nella gamba destra.

La perizia ha anche evidenziato come sarebbe stato un divaricatore (applicato dai due medici chirurghi di Vipiteno sotto accusa) a provocare la lesione della vena.

I due medici (indagati per omicidio colposo in concorso) sono accusati di aver sottovalutato il rischio (che in realtà a livello clinico è considerato piuttosto elevato) al punto da non organizzare neppure la reperibilità immediata nella struttura ospedaliera di un chirurgo vascolare in grado di intervenire in tempi molto rapidi per la “riparazione” dell’arteria.

L’operazione chirurgica finita in dramma risale a novembre dello scorso anno. La situazione per la paziente si rivelò ben presto grave a seguito della vasta emorragia. La donna perse circa metà del sangue in circolazione ed i medici impegnati nell’intervento furono costretti a tamponare la situazione con la somministrazione di otto sacche di sangue.

L’impossibilità di una reperibilità immediata di un chirurgo vascolare (non prevista a quanto pare da alcun protocollo clinico ma che avrebbe dovuto essere suggerita dalla prudenza e dal buon senso di un professionista) potrebbe essere stata decisiva.

Secondo quanto emerso dalla perizia, per i due medici dell’ospedale di Vipiteno inquisiti, emergerebbero due profili di responsabilità: l’errore compiuto nell’eseguire l’intervento con l’inserimento di un divaricatore e la mancata organizzazione per far fronte in maniera adeguata ad una situazione di emergenza (poi effettivamente verificatasi).

A quel punto le condizioni della paziente sarebbero peggiorate in poche ore, al punto che i sanitari la mattina successiva ne disposero il trasferimento d'urgenza all'ospedale di Bolzano ove la donna venne affidata al reparto di chirurgia vascolare. Ulteriori complicazioni dovute ad una trombosi portarono però al decesso.

Davanti al giudice Walter Pelino i periti hanno escluso responsabilità nella tragedia da parte dei medici dell’ospedale di Bolzano che sono stati tutti scagionati. Ora sarà il pubblico ministero Andrea Sacchetti a trarre le conclusioni indicando eventuali richieste di rinvio a giudizio o di proscioglimento per i sette professionisti inquisiti.













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