Moser: troppe moto, passi da chiudere

Il campionissimo del pedale: il pedaggio non funziona, meglio la chiusura uno o due giorni a settimana, dalle 8 alle 13


di Gilda Fusco


BOLZANO. È di pochi giorni fa la notizia che il governo della Provincia di Bolzano ha deciso di effettuare dei controlli capillari sui passi dolomitici da agosto fino a settembre. Ma i problemi restano, e l'ipotesi di una loro chiusura parziale è ancora quella più gettonata: a fasce orarie oppure giornaliere, ma il problema del continuo e concomitante viavai di ciclisti, automobilisti e motociclisti sui passi dolomitici va risolto, e va risolto con una loro chiusura al traffico. Lo pensa il campione del ciclismo italiano, Francesco Moser.

Lei va mai a pedalare sui passi?

«Ci sono stato proprio l'altro giorno, in macchina però. È da un po' che non vado, e anche prima più che altro capitava che ci trovassimo per provare il percorso prima della gara. Adesso è più facile che ci vada con gli sci. Ad ogni modo, li conosco bene».

Com'è la situazione inquinamento?

«Beh, inquinare inquiniamo tutti: alla fine anche il ciclista spesso ha la macchina, quindi… poi in questi ultimi anni le auto fanno sempre meno rumore e inquinano sempre meno, rispetto al passato. Anche se, comunque, quando vieni superato il gas lo senti, c'è poco da fare».

E la convivenza tra ciclisti e automobilisti?

«La convivenza è abbastanza dura. Anche perché superare un ciclista in salita è pericoloso, a maggior ragione se sono bici affiancate. Ed è pericoloso in generale: proprio l'altro giorno Bruno Bonaldi, il marito di Maria Canins, è morto mentre era in discesa con la bici. È finito contro un furgone. Comunque c'è da sottolineare che, visto che sia il ciclista sia l'automobilista sono due persone, forse se il ciclista va piano anche l'automobilista potrebbe farlo, e mettersi il cuore in pace. Sui passi poi è un problema perché ci passano tutti: auto, bici, moto…»

Giusto, le moto: cosa mi dice di quelle?

«Innanzi tutto fanno un rumore pazzesco, molto più delle macchine, e poi vengono spesso in gruppo e vanno forte: corrono come se fossero in pista, e invece sono su una strada pubblica, piena di curve e di persone».

Secondo lei la situazione è peggiorata nel tempo?

«Sicuramente. Prima circolavano meno auto, ma anche meno bici: il ciclismo come hobby e come modo di fare turismo è iniziato negli anni '70. Prima eravamo molti meno a pedalare».

Come crede che si potrebbero superare i problemi?

«Adesso so che chiudono i passi una volta all'anno: li si potrebbe chiudere una o due volte a settimana, per esempio dalle 8 alle 13».

Qualcuno propone la chiusura a fasce orarie, oppure il pagamento di un pedaggio. Che ne dice?

«Il pedaggio non può funzionare, perché tanto chi ci vuole andare paga e ci va lo stesso. Allora è meglio la chiusura a fasce orarie, che pure può andar bene: una volta che si sanno giorni o orari, ci si organizza di conseguenza. Però poi bisogna far rispettare le fasce a tutti, da una parte e dall'altra: è dura. Accontentar tutti non è facile».

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