Nel nuovo lapidarium  le pietre raccontano la storia della città 

Al Museo Civico. Un piccolo tesoro tutto da scoprire tra capitelli, bassorilievi e sculture


Paolo Campostrini


Bolzano. La pietra più antica è una transenna da una lapide funeraria. Stefan Demetz la guarda a lungo: «Pensiamo sia di epoca romanica. Ma forse più antica, preromanica...». Cammina dentro il “lapidarium” il direttore del Museo civico. Quasi nessuno ha ancora avuto la fortuna di metterci il naso. Ma è il suo ultimo nato, questo spazio. Sta dietro le grandi porte di metallo che proteggevano le vecchie centrali elettriche, riqualificate, risanate, sul fianco del cortile interno, ora restituite con i loro soffitti alti almeno sei metri. Appese al muro scorrono le storie di pietra di una città che ha sempre più bisogno di memoria di sè. Su una di queste pagine ci sono i Korb. I signori del castello. A fianco, l'asta frontale dei feudatari della fortezza Boymont, sopra Missiano. Sono frammenti, spezzoni di passato. Sono così perché è quello che resta dei devastanti bombardamenti anche sulle chiese della città. Una di quelle finite peggio è Santa Giustina, verso il Renon. Un giorno un'ondata di ordigni dal cielo l'ha presa in pieno. Dentro, sul pavimento e vicino all'altare c'erano le tombe e le lapidi che le ricoprivano. Altri frammenti di pietra sono stati recuperati nei sagrati delle tante chiese più centrali e urbane. Caricati poi sui camion, finite le ostilità, nel primo dopoguerra e portate nel cortile del museo, in attesa di tempi migliori. Che tuttavia tardavano ad arrivare. «Abbiamo dovuto iniziare i grandi lavori di recupero del cortile e dei giardini per ritrovarci questo materiale tra le mani e iniziare a catalogarlo» spiega Juri Andriollo. Ma l'assessore alla cultura disegna già i prossimi scenari del lapidarium: «Questo, così com'è ora, lo inaugureremo tra poco. Tuttavia l'idea è provare a ordinare, sempre qui, in questi spazi, un piccolo museo delle pietre anche del Novecento. Della Bolzano delle dittature e del modernismo...». Statue, busti, sculture, frammenti di un passato più recente ma che ha segnato anche la nostra difficile identità divisa. E dove, provare a riconnetterla, se non proprio nel museo? «Non possiamo, non dobbiamo sovrapporci tuttavia, a strutture che già esistono - riflette a sua volta Demetz - come ad esempio il museo del monumento alla vittoria dove già sono stati allestiti percorsi sul nostro ultimo secolo, tra guerre e fascismo e nazismo. E neppure fare concorrenza ai musei provinciali. Qui ci deve essere la storia di una città...». E uno spazio per la storia lapidea mancava. Ora ne è stata allestita una parte.

Bruno Stefani è l'architetto che ha immaginato la cornice espositiva, mettendola in atto attraverso la scelta di un nitore assoluto, che fa emergere la matericità delle pietre antiche. Luci che piovono dall'alto, rostri di metallo a reggere i reperti, nessuna scritta a fianco («perché creerebbe confusione») ma un 'unica tabella esplicativa, trilingue, che sarà posta vicino all'ingresso con tutti i riferimenti storici necessari a decrittare scritte e contenuti. Come servirà per le lunghe iscrizioni medievali, i simboli, le parole cinquecentesche che corredano, ad esempio, la lapide funeraria di Hieronymus Penzinger, datata 1565.

Capitelli barocchi, transenne, bassorilievi di animali fantastici. Un piccolo tesoro finalmente recuperato, ecco cos'è il lapidarium bolzanino. Certo, un'opera in fieri. Altre due grandi stanze delle vecchie centrali dell'Enel sono state risanate ma sono ancora vuote, in attesa di nuovi ospiti di pietra. Ce ne sono molti in attesa. E questi ultimi anni sono stati riempiti, da parte dei funzionari del civico, da una loro continua catalogazione e riordino restaurativo. Le pietre in giardino sono state parzialmente ricollocate, ma poi sono anche iniziati i lavori interni al terzo e secondo piano del Museo che ospiteranno altre testimonianze, meno fredde e pesanti ma altrettanto importanti. Andriollo insiste: «Col passato medievale e barocco, stiamo pensando anche a una storia più recente. Sono tanti i reperti andati dispersi con i molti lavori di riqualificazione urbana negli ultimi decenni- argomenta l'assessore - per cui frontoni di vecchie scuole degli anni Trenta, simboli, statuaria potranno qui essere storicizzati, spiegati e raccontati anche nel loro contesto politico e architettonico». Intanto, il primo passo è stato fatto. E, col suo nuovo lapidarium, il Museo civico ha recuperato anche spazi preziosi e finora a rischio di deterioramento strutturale. Pericolo scampato in attesa di aprire il cortile interno del museo alla città, attraverso l'abbattimento di quel “muro dei cinema” che scorre lungo la salita che porta a ponte Talvera. Ma qui la burocrazia fa temere tempi lunghi.













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